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È ufficiale: lo stato ha deciso che la Sardegna deve morire. Lentamente, ma senza rimpianti

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Iglesias, Sulcis, Sardegna interna: noi ci investiamo, lo Stato li abbandona. Ha deciso che devono morire. E lo scrive nero su bianco.

Da anni, con la nostra scuola Studia.dk in Danimarca, insegniamo lingua e cultura italiana ai danesi adulti. Non è solo grammatica: è passione per un Paese straordinario.

I nostri studenti partono dalla Danimarca senza sapere nulla dell’Italia, e dopo mesi di lezioni si innamorano della nostra lingua, della nostra cultura, della nostra storia. Poi organizziamo viaggi di turismo linguistico-culturale in Sardegna, dove possono praticare l’italiano e scoprire territori che consideriamo gioielli nascosti.

La meraviglia negli occhi dei nostri studenti

Vedete i loro occhi quando arrivano? La meraviglia quando scoprono l’entroterra, quando capiscono che l’Italia non è solo Roma e Venezia ma anche Iglesias, il Sulcis-Iglesiente, paesini e borghi che non sapevano esistessero?

Ogni volta pensiamo: “Ecco, questo è il futuro. Questo è come si valorizza un territorio.”

Il documento che condanna la Sardegna

Poi, lo scorso aprile, arriva il nuovo PSNAI 2021-2027, approvato dal Dipartimento per le politiche di coesione. Un documento che dovrebbe garantire “la massima sinergia tra le risorse nazionali ed europee” e “tenere conto delle previsioni del PNRR”.

E cosa troviamo a pagina 45? Questo:

“Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma nemmeno essere abbandonate a se stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le accompagni in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento.”

“Cronicizzato declino”. Non temporaneo, non reversibile. CRONICIZZATO. Come una malattia terminale.

Quei territori che facciamo scoprire ai nostri studenti danesi, per cui si appassionano e di cui parlano tornati in Danimarca, sono ufficialmente spacciati. Condannati per decreto ministeriale.

La contraddizione dello Stato italiano

Ma la cosa più frustrante? Questo stesso governo sbandiera il PNRR e i suoi 194,4 miliardi di euro per “combattere lo spopolamento”, definendo le aree interne come territori “ricchi di risorse, culturali” con “forte potenziale di attrazione”.

Due documenti ufficiali dello stesso Stato che si contraddicono completamente.

Il nostro lavoro quotidiano vs la burocrazia della morte

Noi, dalla piccola Iglesias, passiamo le giornate a persuadere i danesi che l’Italia è bella, che vale la pena imparare l’italiano, che esistono tesori oltre le mete tradizionali.

Lavoriamo mesi su ogni studente per fargli scoprire che la Sardegna ha una ricchezza culturale immensa, che l’entroterra italiano è patrimonio da vivere. Organizziamo viaggi dove i danesi vanno in Sardegna e tornano trasformati, con una mentalità di rispetto e sensibilità verso questi territori, pronti a consigliare a tutti di andarci.

E mentre facciamo questo – portando soldi veri, interesse internazionale genuino verso l’Italia – il ministero prepara piani per accompagnare questi territori verso l’estinzione.

Un paradosso insostenibile

È come vendere un prodotto mentre la casa madre decide di ritirarlo dal mercato. Come costruire ponti culturali tra Danimarca e Sardegna mentre qualcuno li mina dall’altra parte.

La Sardegna registra “una bassissima fecondità e prospettive estremamente negative per il futuro della sua popolazione, specialmente nelle aree interne”. Il ministro Tommaso Foti ha confermato che “al Sud quattro comuni su cinque perdono 35mila abitanti” – non come dato da invertire, ma come sentenza da accettare.

Ma come promuoviamo il turismo linguistico-culturale sapendo che il governo considera quei territori malati terminali? Come diciamo ai danesi “andate in Sardegna, è bellissima” quando lo Stato italiano ha scritto che quel futuro non esiste?

Il cinismo sistemico

Il cinismo sistemico è totale. Noi con Studia.dk vendiamo l’Italia come destinazione culturale. I danesi studiano con noi, vanno in Sardegna, si innamorano, spendono, portano amici, parlano bene dell’Italia.

È esattamente il turismo intelligente che un Paese normale promuoverebbe: non mordi e fuggi, ma quello che crea legami, fa scoprire valori, porta valore reale.

E mentre facciamo questo, il ministero programma l’estinzione di quegli stessi luoghi.

I fondi ci sono, la volontà no

I fondi ci sono: il PNRR ha quasi 200 miliardi. Ma lo Stato ha deciso che questi territori devono morire, organizzando la morte con efficienza burocratica.

Dal nostro osservatorio danese, vediamo quanto interesse c’è per mete alternative, lontane dal turismo di massa. I nostri studenti non vogliono fare la fila per la Torre di Pisa: cercano luoghi che conservano valori e tradizioni.

E quella Italia esiste. Ma NONOSTANTE lo Stato, non grazie ad esso.

L’opportunità sprecata

Ogni volta che mandiamo studenti in Sardegna e li vediamo tornare entusiasti, pensiamo alla occasione sprecata.

Quanti altri danesi, tedeschi, svedesi si innamorerebbero di questi luoghi con una strategia seria? Quanto valore si potrebbe creare? Quante comunità rinascerebbero?

Ma tutto succede mentre il governo accompagna “dignitosamente” questi territori verso l’estinzione. Mentre burocrati che non ci hanno mai messo piede decidono chi merita di vivere e chi di morire.

Non è politica, è cinismo sistemico

Questa non è politica. È cinismo sistemico. È istituzionalizzazione dell’abbandono. È trasformazione dell’impotenza in dottrina.

Mentre scriviamo, qualche funzionario sta già preparando il prossimo documento. Quello che spiegherà come rendere “sostenibile” lo spopolamento, come trasformare paesini e borghi morti in “esperienze turistiche” per visitatori urbani.

Perché anche la morte, gestita burocraticamente, può diventare business.

La nostra resistenza

Non ci stiamo. Non accettiamo di vedere condannati territori che potrebbero essere il futuro del turismo italiano. Non accettiamo che muoiano luoghi per cui i nostri studenti danesi si appassionano più di tanti italiani. Non accettiamo questa pianificazione del fallimento travestita da realismo.

Un Paese che programma il proprio declino mentre altri credono nel suo potenziale non merita di chiamarsi Paese. È un’azienda in liquidazione che svende i suoi asset migliori.

Ma noi continueremo a portare i danesi a scoprire questi territori. Continueremo a dimostrare che funziona, che c’è interesse, che si può fare.

Nonostante tutto, nonostante loro.

Di Valentino Cocco

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