DonnePrimo Piano

Giornata internazionale dei diritti della donna: la riflessione di dieci donne sarde

Condividi

La ricorrenza della giornata internazionale dedicata ai diritti delle donne sta per concludersi e da due anni a questa parte sembra che non si riesca più a valorizzare ciò che prima era consolidato. Il covid, la pandemia ha cancellato molte certezze acquisite negli anni e tra queste il gusto di festeggiare o anche solo ricordare quelle date che sono state, e resteranno, pietre miliari della vita. Ma noi di “Ajonoas” siamo sempre andati controcorrente, non abbiamo mai seguito il flusso della massa e invece di ricordare la giornata internazionale dei diritti della donna ad apertura di giornale,  preferiamo farlo quando il sole va dormire e arriva la luna, l’aspetto femminile di ognuno di noi. Lo facciamo dando voce ad alcune donne sarde, quelle che hanno deciso di regalarci un po’ del loro tempo.

La festa della donna non andrebbe celebrata in un solo giorno dell’anno. Siamo donne ogni giorno, con diritti che dovrebbero essere sempre riconosciuti e col rispetto che una mimosa simbolica non può sempre garantire.” Annamaria Sabiu, giornalista.

Auguri a tutte le donne Arbitro che ogni giorno devono lottare contro l’ignoranza e il razzismo di alcune persone. Auguri a tutte noi.” Alessandra Usai, arbitro di calcio.

Era aprile 2009 quando fui chiamata ad inforcare la mia telecamera per seguire un fatto di cronaca nera. Lavoravo nella redazione giornalistica di Teleducato Tv. Era il primo delitto della mia carriera, quello che fu poi denominato ‘delitto di via Vaiarini’, via piacentina in cui da oggi campeggia una panchina rossa.Non sapevo nulla, arrivai e vidi un gruppo di persone che si accalcavano sgomente e Polizia ovunque che delimitava un lembo della strada. Mi avvicinai e cominciai a fare riprese fino ad arrivare a vedere un lenzuolo bianco ormai imbrattato prepotentemente di sangue. Sotto c’era il corpo inerte di una donna, Zahira, la cui profonda ferita alla giugulare non aveva lasciato scampo. Non ci volle molto agli inquirenti a capire che fosse un delitto a sfondo passionale: il marito l’aveva uccisa con un taglierino. Mi costò intrufolarmi e chiedere con freddezza notizie agli inquirenti; facevo fatica a oggettivarmi dalla storia al punto che le immagini mi uscirono piuttosto mosse. La mano mi tremava al sapere che lì sotto al lenzuolo c’era una giovane donna della mia stessa età la cui vita era prematuramente finita per mano di un marito violento e possessivo. Da allora vivo diversamente la festa della donna, evitando sempre ipocrisie e frasi fatte, ma dando meno le cose per scontate. A Zahira, mai conosciuta, penso sempre: il suo enorme sacrificio mi ha insegnato in modo tangibile il valore della mia libertà e ciò che è davvero l’amore.” Sara Vigorita, giornalista.

L’otto marzo rappresenta il tortuoso percorso delle donne verso quella parità di genere ancora oggi largamente inattuata, specie in ambito lavorativo, nonostante le battaglie e le conquiste fatte per l’affermazione della propria libertà e dei propri diritti, primo fra tutti quello al lavoro. Resta difficile, spesso impossibile, conciliare il lavoro con la maternità e la gestione della famiglia ed è ancora utopia immaginare una parità di accesso al mercato del lavoro, di opportunità di carriera e di parità di salario. Condizioni aggravate nel corso degli ultimi due anni dalla pandemia, che ha amplificato le differenze di genere acuendo le disuguaglianze e portando anche in Sardegna a un incremento della disoccupazione femminile e di difficoltà di accesso al mercato del lavoro, specie per le donne immigrate, una risorsa inestimabile per la nostra economia e la nostra società”.  Alessandra Zedda, assessora del lavoro Regione Sardegna.

Il significato di questa ricorrenza è quello di ricordare e riconoscere le conquiste economiche, sociali e politiche delle donne. In occasione dell’8 marzo, infatti, nelle città d’Italia si dovrebbe parlare dei diritti delle donne, della storia dei movimenti femministi e dell’evoluzione delle condizioni della donna nel corso del tempo.L’emancipazione femminile è però un percorso sempre aperto: in alcuni paesi, infatti, la disparità di genere è ancora molto marcata.” Carla Cuccu, consigliera regione Sardegna.

Direi che questo rappresenta molto bene che cosa è essere donna oggi, esserlo stato negli ultimi 50 anni, una lenta salita. Abbiamo visto e vissuto forti cambiamenti, ma ancora abbiamo tanta strada da fare. Sono ancora troppe le ragazze che progettano il futuro solo in funzione di un rapporto di coppia e il resto è comunque secondario.” Francesca, funzionaria pubblica.

Ho avuto la fortuna di potermi trasferire all’estero per lavoro completamente sola e di poter cambiare paese come donna indipendente. Una cosa che cinquanta anni fa non era per niente scontata. Non è stato facile. In realtà ero morta di paura. Ma come dice Mafalda, il bello delle donne è che hanno paura, ma fanno lo stesso le cose.” Claudia Desogus, scrittrice.

Al giorno d’oggi, essere una madre di tre figli e avere un lavoro non è una cosa facile. Molte amiche mi chiedono << Ma come fai? È un sacrificio enorme>>, ma per me non lo è. Io ho voluto tutti e tre i miei figli, e loro non sono mai stati un sacrificio. Forse perché la vita mi ha riservato dei momenti veramente difficili, ma io sono felice. Anche se la maggior parte ricadde su di me, la cura della casa, la cura dei figli, il lavoro, anche se mio marito mi aiuta, la parola che viene ripetuta di più dai miei figli è Mamma. Però ripeto, sono grata e felice per quello che hoManuela Virdis, insegnante.

Nonostante si parli di diritti delle donne, noi restiamo sempre un gradino indietro rispetto agli uomini. Ogni giorno anche se facciamo tante cose, solo poche di noi riescono ad arrivare al “comando”. E se ci arrivano, spesso è perché hanno dovuto sacrificare gli affetti, la volontà di formare una famiglia e avere dei figli.” Annarita, insegnante.

La frase che più mi ha aiutato ad essere veramente indipendente nella vita, è stata detta da mia madre in un momento di lucidità culturale. Quando avevo diciassette anni mi disse queste parole << Studia, prendi subito la patente e inizia a lavorare. Non essere mai dipendente da nessuno>>. All’epoca non avevo capito le sue parole. Nella giovinezza mi sono persa credendo che la felicità arrivasse dall’esterno, da una relazione, da un uomo che mi dicesse cosa fare, che mi vietasse le cose, geloso e possessivo. Vivevo con il terrore di sbagliare. Ho preso botte, urla, umiliazioni, ma nel mio piccolo e timore non ho mai abbandonato il lavoro. Non contenta l’ho sposato e poi sono partita con lui fuori dalla mia Regione. Mi aveva allontanata dalla mia famiglia che era la mia forza. E in un paese lontano ho conosciuto altre donne, emancipate che lavoravano, avevano famiglia e figli ma che ogni tanto uscivano con le loro amiche al cinema o a bere un aperitivo. E lì ho capito quanto il mio modo di essere non era quello che volevo per la mia vita. Non era la felicità. Ero sempre stata denigrata perché donna. Ho lottato per raggiungere quello che possiedo oggi. Ho divorziato quando avevo solo 26 anni diventando il “pettegolezzo” del mio paese per anni. Ma finalmente avevo scoperto cosa volesse dire essere libera adottando la semplice frase di mia madre come un mantra. Ora sono una donna fortunata, amata da un uomo che non mi limita ma mi supporta in tutto. Ho un figlio stupendo e la vita mi sorride.Manu.

Comment here