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Golpe in Myanmar, l’esercito: “Se muoiono i civili è colpa loro”

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Un periodo difficile per il Myanmar dopo il colpo di stato dei militari.

Esercito che, nell’indignazione globale, soffoca le rivolte nel sangue.

La CNN riporta una frase shock dei golpisti: “I morti? Colpa dei manifestanti ribelli”.

Una colpa strana, viste le oltre 600 persone morte finora, cioè da quando l’esercito del generale Zaw Min Tun ha rovesciato il governo eletto della leader Suu Kyi.

La popolazione si è messa in marcia nelle piazze per chiedere la democrazia e il ritorno dell’esecutivo regolarmente eletto. Ma il fuoco è stato tristemente aperto anche su diversi bambini.

Per il portavoce militare la reazione è naturale. Non è altro che “salvaguardia del Paese”, così come dichiarato nelle ultime ore. I decessi, chiaramente, sono solo una conseguenza della ribellione dei manifestanti.

Dall’intervista che il generale Zaw Min Tun (condizionata da controlli e censure subìti dai giornalisti USA) emerge una panoramica di dinamiche violente e obiettivi di conquista disposti a passare sopra a chiunque.

Posizione chiara anche sulla questione elezioni: a febbraio il generale Min Aung Hlaing aveva annunciato lo stato di emergenza per un anno, per poi avere “libere elezioni”.

Ma lo stato di emergenza potrebbe essere prorogato per “sei mesi o più”, così da arrivare alle urne entro due anni.

Lo scetticismo su una simile apertura dei militari – che hanno governato il Myanmar tra il 1962 e il 2011 – è totale: non sembrano disposti a cedere nuovamente il potere.

La costituzione – modificata nel 2008 – consente ai militari di mantenere il potere malgrado la presenza di un governo civile.

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