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Letture in compagnia di Roberto Rampone, la poesia romanzesca e non solo. L’intervista

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Letture in compagnia di… ritorna con un autore oristanese, Roberto Rampone e la sua prima opera in 5 volumi.

Rampone, classe 1991, nel suo curriculum si descrive come una persona dinamica, determinata, ma allo stesso tempo riflessiva. Considera la puntualità, il rispetto, la correttezza e la precisione punti fondamentali sul posto di lavoro. Laureato in filosofia e specializzato in Scienze Archivistiche e Biblioteconomiche, Roberto ci presenta un’opera scritta e commentata dall’Illustre Antonio Panizzi, noto come Principe dei Bibliotecari, che non venne mai tradotta in italiano. Si tratta dell’opera in 9 volumi dal titolo “Orlando Innamorato di Bojardo; Orlando Furioso di Ariosto; with an Essay on the Romantic Narrative Poetry of the Italians; Memoirs and Notes by Anthony Panizzi” – nell’edizione italiana ridotta a 5 volumi in soli 300 esemplari. Un lavoro lunghissimo, come Roberto ammette, ma sicuramente soddisfacente.

Io ho avuto la fortuna di ricevere in dono da Roberto i 5 volumi tradotti. Ho letto il primo volume anticipato dal saggio intitolato “Antonio Panizzi letterato: fra Bojardo e Ariosto” che spiega il perché della traduzione e introduce alla lettura dell’opera come Roberto mi aveva consigliato.

Ho impiegato del tempo per la lettura di entrambi perché ho dedicato una particolare attenzione anche alla parte in lingua originale e alla ricerca di ulteriori informazioni.

 

Riflessione

La poesia merita sempre un attimo di silenzio e di “scollegamento” dalla realtà, dalla vita frenetica che ci accompagna e che spesso ci sovrasta senza accorgercene. Per questo motivo, ho deciso di dedicare a questa lettura i miei momenti di raro relax, accompagnata da una tazza bollente di te verde e il calore della legna che arde nel caminetto. Mi sono ritrovata a vivere nel passato attraverso un linguaggio “gentile”, “delicato” ed “educato” ma allo stesso tempo passionale.

Consigliare o meno questa lettura? All’inizio devo ammettere che ero quasi intimorita all’idea di immergermi nell’Orlando Innamorato di Bojardo, nell’Orlando Furioso di Ariosto e nella Poesia Romanzesca italiana. Il linguaggio è articolato, a tratti impegnativo, ma mai scontato e noioso. Mi sono talmente “persa” nella lettura che sono giunta alla fine senza accorgermene. Sì, lo consiglio.

 

L’intervista a Roberto Rampone  

 

 

Cosa l’ha portata a scrivere quest’opera?

Quest’opera l’ho scritta perché ho indagato sul profilo da letterato di Antonio Panizzi, storico bibliotecario di fama mondiale che diede le basi della biblioteconomia, e che intraprese prima di tale carriera e a seguire, in concomitanza, quella di letterato, di cui pochissime persone conoscono e giusto qualche italianista, bibliotecario e dottorando se ne occupò fino a tre massimo quattro decenni fa. Ancor prima di tali figure che si occuparono del profilo di letterato di Panizzi, ci fu il grande Giosuè Carducci a occuparsi di una traduzione della Life of Ariosto e della Life of Bojardo ma in piccolissime parti, non integralmente come fatto dal sottoscritto. Tuttavia, per me è stato un onore – se devo usare la parola esatta – poter dare il mio contributo con la prima traduzione italiana integrale di questi 9 volumi che costituiscono il lavoro, o come si suol dire, la fatica letteraria più grande di Antonio Panizzi.

È stata la prima volta che si è approcciato a trattare questi argomenti?

Sì, obiettivamente è la prima volta che mi sono approcciato a questi argomenti e devo dire con molto piacere poiché si scoprono sempre cose nuove, e laddove la curiosità ti spinge trovi sempre qualche cosa che per serendipità t’interessa. Al tempo della mia ultima laurea ero ancora studente e, poiché al tempo la traduzione dell’opera era ancora in corso, ho voluto e dovuto presentarla proprio in minima parte, sennò sarebbe stata una delle tesi più grandi mai scritte nella storia, poiché è inconsueto presentare come tesi 5 tomi di un’opera tradotta da un inglese aulico dell’Ottocento. Tuttavia lo feci con molto orgoglio e fu decisamente apprezzata dalla Commissione di Laurea.

Si tratta di un’opera “importante, impegnativa ma nello stesso tempo interessante” perché i lettori della nostra rubrica dovrebbero leggerla?

È vero, il testo dell’opera è importante, sia a livello di linguaggio che di contenuti – cosa che ahimè non di rado scarseggia nell’editoria contemporanea –, ma non è affatto un testo impossibile da leggere né da apprezzare per le qualità insite in esso. È un’opera innanzitutto importante perché per la prima volta nella storia riunisce – dopo quasi trecento anni dacché l’Orlando Innamorato di Matteo Maria Bojardo non venisse dato alle stampe, o meglio finì nel dimenticatoio – i due poemi capostipiti del genere cavalleresco italiano: L’Orlando Innamorato e L’Orlando Furioso. Ambedue i poemi l’uno contiguo all’altro e nella forma ortografica corretta. Cosa intendo dire con forma ortografica corretta? Voglio dire che Panizzi, corregionale dei suoi stessi protagonisti dei poemi suddetti, fece una profonda ed ardua ricerca nel linguaggio dell’epoca per riportare, per filo e per segno, ciò che più rappresentasse la forma corretta della lingua parlata all’epoca di Bojardo e Ariosto. oltre che perciò Panizzi alla fine del Vol. V e del Vol. IX dell’edizione inglese mette al corrente il lettore delle edizioni che ci furono dei due poemi fino alla data del 1551 e ne fa una collazione – un confronto fra edizioni per verificarne la unicità o se fossero copie, ma rarissimamente i tipografi dell’epoca, quando ancora la stampa era manuale e a caratteri mobili grazie alla lungimiranza di Johannes Gutenberg, erano in grado di fare due libri uguali pertanto si trattava nella maggior parte dei casi di esemplari talvolta di unicum. Perché dovrebbero leggerla i lettori della vostra rubrica? Perché della sana e buona lettura fa sempre bene, con ciò non intendo denigrare alcunché. Questa pubblicazione – per coloro che leggeranno i diversi libri – serba diverse novità sulla poesia romanzesca, l’ortografia dei poemi di Bojardo e Ariosto, le attentissime ed acute osservazioni di Antonio Panizzi, una riassuntiva tavola degli eroi dei paladini dell’antichità, collazioni delle edizioni quattrocentesche e cinquecentesche e tanto altro. Basti pensare che è stata tradotta dopo 194 anni dacché venne data alle stampe in Inghilterra e nessuno ne sapeva pressoché nulla, questo già è un motivo che dovrebbe interessare il lettore e domandarsi “perché è stata portata in vita quest’opera?” e capire anche chi è Antonio Panizzi nei suoi diversi profili ricoperti nella vita.

Ci parli un po’ di lei.

Be’ di me non ho troppo da dire, eccetto di essere nato e vissuto a Oristano fino ai 21 anni, dopodiché vissi in Inghilterra a Londra per ben due anni dove mi feci le ossa – nel vero senso della parola, poiché non è affatto una città semplice – facendo diversi lavori per mantenermi. Sono sempre stato una persona molto umile e capace di adattarmi a tutto e a tutte le situazioni che mi si sono presentate nella vita le ho sempre affrontate di petto. Passare da una città a stento di 35.000 abitanti al tempo ad una di 13.000.000 di abitanti non è stato affatto semplice, è lì, quando tasti con le mani la vita diversa da quella che conducevi assieme alla famiglia o comunque sia vicino ad essa che capisci quello che avevi. La Sardegna è un luogo, a quanto pare per molti – il che in parte mi rasserena –, che viene capito solamente quando si è fuori dalla regione o proprio fuori dall’Italia, perché in Sardegna abbiamo ancora un ottimo livello della qualità di vita, cosa che a Londra era decisamente pessima. Tanti motivi, la mancanza della famiglia, il mio amato mare, il cibo, la Nostra Terra in breve mi hanno sempre spinto a tornare. Come tantissimi Sardi che emigrano altrove ho sofferto del Mal di Sardegna cosa che adesso fortunatamente non soffro più perché vivo qui in pianta stabile e mi dedico con piacere alla scrittura e alla presentazione di libri in diversi contesti letterari. Mi sono iscritto tardivamente – anche se ormai è difficile definire cosa è tardivo e cosa no – all’Università degli Studi di Firenze e mi sono laureato inizialmente in Filosofia e, successivamente, in base alle scelte lavorative che la passione mi aveva condotto a seguire, in Scienze Archivistiche e Biblioteconomiche, senz’altro la migliore scelta che avessi potuto fare per poter giungere anche a intraprendere il lavoro di bibliotecario che finora ho sperimentato in Toscana alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, a Roma nel circuito delle Biblioteche di Roma e in Sardegna nelle varie Comunali. Scrivo fin da quando ero bambino, principalmente ho scritto poesie o proginnasmi poetici che, per ora, è più adatto chiamarli così, mi sono occupato di saggi e attualmente sto scrivendo un romanzo, un lavoro che avevo sempre cercato di scrivere ma, come per ogni cosa, ci vuole il suo tempo e tutto questo tempo mi è servito e mi serve tuttora per pensare, riflettere e maturare anche le idee oltre che come persona.

Lei che rapporto ha con la lettura?

La lettura per me è senz’altro riflessiva, liberatoria, da fare durante uno stato di pace interiore in specie. La lettura deve essere qualcosa di particolarmente naturale, se d’altronde si fa caso quando alle scuole, per prendere l’esempio più concreto, i maestri o i professori ci “imponevano” – nel senso bonario del termine, poiché era il loro lavoro chiaramente – di leggere qualche libro in particolare ci veniva molto in salita, anzi non ci andava affatto bene e sovente non lo si leggeva. Se invece – il più delle volte crescendo, ma è molto soggettivo – o in libreria o in biblioteca si sceglie un determinato libro o per la copertina oppure perché ci ha colpito, ci interessa l’argomento, quasi sicuramente – a meno che non abbiamo fatto una scelta erronea – quel libro nell’arco di qualche giorno a volte poche ore ce lo leggiamo e ci appassioniamo come non mai. Questo per dire che la lettura deve essere una cosa spontanea, la lettura deve essere libertà! Così io mi appassionai nell’adolescenza a Herman Melville, Joseph Conrad, Jules Verne, Karl Ove Knausgård, Michel Houellebecq, Eliano Cau – mio conterraneo che reputo uno dei migliori Scrittori Sardi di sempre –, nonché scrittori di biografie – non ghost writer tanto per essere sinceri. Sono sempre stato un po’ contro i classici, sia perché vengono imposti a scuola, tornando al discorso di prima ma soprattutto perché se ne parla troppo, quando dovrebbe debitamente essere lasciato posto anche ad autori nuovi che hanno tanto da offrire al lettore moderno e contemporaneo – certo, magari non alla pari di autori come Dante Alighieri o Alessandro Manzoni ma chissà! In ultimo, non amo i libri speculativi né quelli basati su insensatezze del nuovo millennio, valori, a detta di persone del calibro di Fabrizio de André, che ancora oggi – riferendosi già alla sua epoca parlando dei valori delle generazioni come la mia e quelle a venire – non sono stati effettivamente capiti come dovrebbero, e ci si auspica che lo saranno un domani.

A chi consiglia la lettura di questo libro?

Probabilmente stupirà questa risposta, ma io questo libro non lo consiglio. Intendo dire che questo libro ha già il suo lettore, ed è chi ama il genere cavalleresco, chi ama la poesia ed in Italia – seppure ci siano più poeti che poesie – ci sono tanti amanti del genere cavalleresco o romanzesco. Certamente non accetto quanto mi è già stato detto troppe volte, che “è un libro di nicchia”, che lo possono leggere solo i colti, o gli accademici. È un’espressione che non si addice all’intelligenza della mente umana, se poi volessero tagliare corto farebbero prima a dire “io non me lo leggerei mai” allora lo apprezzerei anche di più. Tuttavia, ci sono diversi motivi per cui potrei consigliare quest’opera, in primis perché ne esistono solamente 300 esemplari numerati a mano da 0 a 300 – una cosa da me voluta che in passato, di rado ancora oggi, si faceva e si fa per le opere di pregio, inteso come contenuto o come qualità di materiali che compongono il libro (pergamena, tagli dorati, filigrana etc.). Altri motivi, come già detto, è che riunisce per la prima volta i due poemi di Bojardo e Ariosto l’uno contiguo all’altro, vengono smentite da Panizzi tante cose dette da fonti malinformate, sono stati scritti e curati da una delle personalità più importanti dell’Italia preunitaria, e potrei continuare ancora, ma preferisco che sia la gente a scegliere. Essendo stato bibliotecario, il mio desiderio, cosa molto importante, è che il libro non giunga per forza al singolo, mi piacerebbe molto di più una collaborazione delle biblioteche d’Italia che se nel loro piccolo acquistassero 15 opere a Regione e le distribuissero in 15 biblioteche soddisferebbero di più anche la fruibilità dell’opera e non sarebbe a disposizione del singolo bensì della collettività.

 

 

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