Il programma del Giubileo del Lavoro, viste le circostanze per la dipartita di Papa Francesco, ha subito delle modifiche. Tutti i pellegrini che hanno raggiunto Roma hanno partecipato solo al rito giubilare e il passaggio delle Porte Sante della Basilica di San Pietro e delle altre Basiliche Papali quale momento propizio di Speranza e di Fede. Sono state molteplici i discorsi di Papa Francesco sul tema del lavoro, ricordiamo quello del 16 gennaio del 2016 in Aula Paolo VI al Movimento Cristiano Lavoratori. “Vorrei suggerirvi tre parole, che possono aiutarci. – annuncia Papa Francesco, – La prima è educazione. Educare significa trarre fuori. È la capacità di estrarre il meglio dal proprio cuore. Non è solo insegnare qualche tecnica o impartire delle nozioni, ma rendere più umani noi stessi e la realtà che ci circonda. E questo vale in modo particolare per il lavoro: occorre formare a un nuovo umanesimo del lavoro. Perché viviamo in un tempo di sfruttamento dei lavoratori; in un tempo, dove il lavoro non è proprio al servizio della dignità della persona, ma è il lavoro schiavo. Dobbiamo formare, educare ad un nuovo umanesimo del lavoro, dove l’uomo, e non il profitto, sia al centro; dove l’economia serva l’uomo e non si serva dell’uomo.
Un altro aspetto è importante, – dice Papa Francesco,- : educare aiuta a non cedere agli inganni di chi vuol far credere che il lavoro, l’impegno quotidiano, il dono di sé stessi e lo studio non abbiano valore. Aggiungerei che oggi, nel mondo del lavoro – ma in ogni ambiente – è urgente educare a percorrere la strada, luminosa e impegnativa, dell’onestà, fuggendo le scorciatoie dei favoritismi e delle raccomandazioni. Qui sotto c’è la corruzione. Ci sono sempre queste tentazioni, piccole o grandi, ma si tratta sempre di compravendite morali, indegne dell’uomo: vanno respinte, abituando il cuore a rimanere libero. Altrimenti, ingenerano una mentalità falsa e nociva, che va combattuta: quella dell’illegalità, che porta alla corruzione della persona e della società. Educare è una grande vocazione: come san Giuseppe addestrò Gesù all’arte del falegname, anche voi siete chiamati ad aiutare le giovani generazioni a scoprire la bellezza del lavoro veramente umano.
La seconda parola, – aggiunge Papa Francesco, – che vorrei dirvi è condivisione. Il lavoro non è soltanto una vocazione della singola persona, ma è l’opportunità di entrare in relazione con gli altri: qualsiasi forma di lavoro presuppone un’idea sulla relazione che l’essere umano può o deve stabilire con l’altro da sé (Lett. enc. Laudato si’, 125). Il lavoro dovrebbe unire le persone, non allontanarle, rendendole chiuse e distanti. Occupando tante ore nella giornata, ci offre anche l’occasione per condividere il quotidiano, per interessarci di chi ci sta accanto, per ricevere come un dono e come una responsabilità la presenza degli altri.
L’ultima parola, – conclude il Papa, – che vorrei consegnarvi è testimonianza. L’apostolo Paolo incoraggiava a testimoniare la fede anche mediante l’attività, vincendo la pigrizia e l’indolenza; e diede una regola molto forte e chiara: Chi non vuol lavorare, neppure mangi (2 Ts 3,10). Anche in quel tempo c’erano quelli che facevano lavorare gli altri, per mangiare loro. Oggi, invece, ci sono persone che vorrebbero lavorare, ma non ci riescono, e faticano persino a mangiare. Voi incontrate tanti giovani che non lavorano: davvero, come avete detto, sono “i nuovi esclusi del nostro tempo”.
Don Antonio Mura, responsabile dell’Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Iglesias interviene con un comunicato a seguito del Giubileo dei Lavoratori. “Il lavoro commenta don Antonio, – è sempre stato un tema centrale nel magistero di Papa Francesco; basta ricordare i discorsi ai movimenti popolari che hanno al centro le 3 “T” esplicate nel suo discorso del 28 ottobre 2014 “tierra, techo, trabajo” cioè terra, casa e lavoro. Oppure quello pronunciato a Genova presso l’Ilva del 27 maggio del 2017 << C’e sempre stata un’amicizia tra la Chiesa e il lavoratore. Dove c’è un lavoratore, lì c’è l’interesse e lo sguardo d’amore del Signore e della Chiesa>>. A partire dal 1956, anno in cui la Chiesa celebrò per la prima volta il 1° maggio, e fino ad oggi in occasione della celebrazione del Giubileo dei Lavoratori voluto da Papa Francesco, il pensiero va alla grande schiera dei lavoratori giornalieri ed occasionali, a quelli con contratti a termine non rinnovati, a quelli pagati a ore, agli stagisti, ai lavoratori domestici ai piccoli imprenditori, ai lavori autonomi, specialmente quelli dei settori più colpiti prima della pandemia e oggi dalla c risi finanziaria. Molti sono padri e madri di famiglia che faticosamente lottano per poter apparecchiare la tavola per i figli e garantire ad essi il minimo necessario. Il nostro amato Sulcis Iglesiente, – conclude don Antonio, – in questo drammatico scenario, quasi sempre si colloca agli ultimi posti delle classifiche sui dati lavorativi e a fronte di tutto questo, spesso, tanti drammatici silenzi”.
foto: Archivio Sardinian Events

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