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Sanità penitenziaria: SDR ”Carenza farmaci e infermieri a Cagliari-Uta”

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“La sanità penitenziaria continua a registrare gravi carenze nella Casa Circondariale di Cagliari-Uta. A preoccupare non sono solo i numeri insufficienti di medici specialisti ma addirittura di infermieri e di diversi farmaci, al punto che la ricerca di questi ultimi è stata estesa agli Ospedali”. Lo sottolinea Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme ODV”, evidenziando che “è indispensabile una rivisitazione dell’organizzazione per una migliore gestione della salute in carcere, oggi lasciata troppo alla sensibilità personale dei singoli operatori medici, infermieri e OSS”.
“I familiari dei detenuti – osserva – seguono con trepidazione l’evoluzione del percorso terapeutico dei propri parenti che, senza i necessari supporti farmaceutici, rischia di gettare nello sconforto non solo chi ha perso la libertà ma l’intero sistema che sottende al recupero sociale. I Sanitari, al pari delle/dei funzionari giuridico-pedagogici e degli Agenti, possono operare solo se i diritti delle persone vengono rispettati, diversamente c’è il rischio che saltino gli equilibri”.
“Appare abbastanza singolare che i bandi di gara per l’acquisto di alcuni farmaci vengano indetti solo dopo che le scorte sono esaurite determinando ‘un interregno’ privo di garanzie. Forse è opportuna una maggiore interazione tra ASL 8, in questo caso, e la farmacia della Casa Circondariale di Cagliari-Uta senza tralasciare di considerare che le scorte devono tenere conto della crescita esponenziale del numero dei presenti (attualmente 768 a fronte di 561 posti). Incomprensibile, infine, anche la riduzione delle/degli infermieri, il cui ruolo – ricorda la presidente di SDR ODV – è indispensabile per garantire non soltanto la distribuzione, la somministrazione dei farmaci e il supporto ai Medici ma anche la prevenzione e l’educazione sanitaria”.
“C’è poi una realtà che merita una specifica attenzione perché discriminata. E’ quella delle donne detenute in una sezione dove non c’è uno spazio né per un gabinetto ginecologico, né per l’osservazione psichiatrica e neppure un piccolo centro medico che possa garantire un intervento immediato soprattutto nei casi più gravi di atti di autolesionismo. Troppo spesso purtroppo – conclude Caligaris – le criticità a rischio vita vengono gestite o dalle Agenti Penitenziarie o dalle compagne di cella in attesa che possa intervenire il Medico del 118”.

Fonte: comunicato stampa

 

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