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CORONAVIRUS: TUTTA COLPA DELLA STAMPA!

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Qualsiasi cosa succeda è sempre colpa di qualcun altro e ultimamente è consuetudine attribuire agli organi di stampa qualsiasi responsabilità. Questo accade specialmente attraverso i canali social dove i cosiddetti “Leoni da tastiera” usando un linguaggio aggressivo mettono in dubbio la veridicità di quello che ogni collega giornalista scrive. Se è accettabile che si commentino le notizie usando le normali regole della netiquette non è comprensibile, di contro, che il mondo della stampa venga attaccato da personaggi che, per la maggior parte delle volte e senza aver nessuna cognizione di causa, offendono, insultano e, nei casi più gravi, minacciano. Il caso specifico, per quanto mi riguarda come direttore della mia testata giornalistica, si riferisce al ricovero, avvenuto nell’ospedale Sirai di Carbonia, di una persona affetta da una grave broncopolmonite. Il personale del nosocomio, essendo in uno stato di allerta per il coronavirus, ha prontamente attuato il protocollo, isolando il pronto soccorso per evitare eventuali contagi. La nostra redazione ha ricevuto quasi nell’immediatezza la notizia e personalmente mi sono attivato per accertarmi dell’accaduto attraverso fonti qualificate e certe, che mi hanno confermato l’esistenza del caso. Vista l’importanza dell’evento mi sono sentito in dovere di informare il territorio dell’attivazione delle procedure di accertamento sulla natura della patologia e di conseguenza evitare che altre persone si recassero al P.S. per poi trovarlo chiuso. Da qui in poi la sequela di commenti non appropriati mi hanno indotto ad interrompere qualsiasi pubblicazione che non fosse giunta da fonti istituzionali. In redazione sono arrivati decine di audio e di screenshot che abbiamo letto e archiviato, alcuni in cui qualche amministratore dichiarava che il paziente fosse “il primo contagio da coronavirus del sulcis” fino a che, in tarda serata, è arrivato l’esito del test che, fortunatamente per tutti, risultava essere negativo.

Le domande da porci sono tante in questo mondo in cui la professionalità dei giornalisti è stata buttata alle ortiche, in un mondo in cui ognuno può arrogarsi il diritto di offendere una professione nobile come quella del giornalismo e talvolta a farlo sono gli addetti ai lavori, specialmente quelli che credono di avere la verità infusa solo perché hanno scritto o scrivono per testate giornalistiche regionali o nazionali. Tutti gli iscritti all’ordine dei giornalisti hanno le stesse basi professionali, ciò che ci differenzia è l’esperienza come in tutti i settori. Ma gli attacchi arrivano anche da politici e amministratori, gli stessi che ci chiamano in privato per far passare una notizia che valorizzi il loro operato ma sempre pronti a diffamarci quando diciamo verità scomode. Gli stessi che ci sorridono non per cortesia ed educazione ma solo per non fare troppe domande che magari potrebbero metterli in difficoltà, magari quelle potrebbero aprire cassettini nascosti che non si ha convenienza ad aprire.

Non mi sono pentito di aver diffuso la notizia del ricovero al Sirai di Carbonia, l’ho fatto perché un giornalista deve scegliere sempre cosa sia meglio per la comunità e in questo caso era doveroso che il territorio fosse informato. L’avrebbe dovuto fare la Sanità che ad oggi non ha divulgato nessun comunicato; l’avrebbe dovuto fare la politica regionale che si è limitata a inviare un comunicato striminzito di rassicurazione sul rafforzamento delle misure sanitarie.

Nessuna conferenza stampa, nessun comunicato, nessun contatto ma solo centinaia di offese e di minacce.

Intanto che noi giornalisti venivamo invitati alla prudenza e a non diffondere paure, il governo nazionale per decreto isolava comuni, annullava gite scolastiche, chiudeva scuole a tempo indeterminato, circondava i paesi sospetti con pattuglie delle forze dell’ordine, sospendeva alcune partite del campionato di calcio, interrompeva tutti i bandi di concorso nazionali ma comunque ci invitava a stare tranquilli perché il virus Covid-19 è meno potente di un classico virus influenzale.

Intanto che noi giornalisti venivamo tacciati di diffondere allarmismi venivano comunicati i dati europei, ufficiali, che danno l’Italia con il più alto tasso di contagiati:  132 persone sono positive al COVID-19 oltre ai due decessi e al ricercatore guarito e dimesso dallo Spallanzani. Restano sotto osservazione in Lombardia 89 casi, in Veneto 24 e in Piemonte 6. In Emilia Romagna 9 e 2 nel Lazio. Sono in totale 129 le persone di cui 54 ricoverate negli ospedali con sintomi. Sono invece 26 in terapia intensiva e 29 in isolamento domiciliare.

Tutto questo solo per stare tranquilli. 

Io, e la mia redazione, continueremo a informare i lettori di qualsiasi notizia, verificata, che ritengo di interesse pubblico come anche riprenderemo a fare inchieste su alcune situazioni dubbie, specialmente in Sardegna.  

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