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Duke Ellington, il vero spartiacque tra la musica e tutto il resto

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Edward Kennedy Ellington, figlio di un maggiordomo della Casa Bianca, diventato poi compositore, pianista e direttore d’orchestra. Si tratta di una delle figure più importanti del jazz, forse uno degli autori più prolifici del ‘900.

Ellington è cresciuto in una famiglia della middle-class di Washington DC che ha sempre incoraggiato i suoi interessi per le arti; già all’età di sette anni aveva intrapreso gli studi di pianoforte. Si appassionò allo studio dell’arte durante gli anni del liceo e ricevette, rifiutandola, una borsa di studio al Pratt Institute, Brooklyn, di New York. Ispirato dagli artisti del ragtime, iniziò ad esibirsi come professionista all’età di 17 anni.

Il soprannome Duke “duca” gli viene dato nell’adolescenza per la nobiltà del suo portamento, secondo alcuni, caratteristica che si portò dietro sia nella vita privata che in ambito artistico. Gli anni del successo di Ellington sono quelli del proibizionismo, quando il divieto di commercio degli alcolici fece arricchire il contrabbando e crescere il “mito” di Al Capone e del gangsterismo, durante i quali si esibiva in locali jazz come il celebre Cotton club, di cui, a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, divenne l’attrazione fissa con la sua Jungle band. 

Gli anni tra il 1931 e il 1933 si contraddistinguono per essere uno dei suoi periodi più prolifici in studio di registrazione: elabora, infatti, successi come Mood Indigo, Rockin’ in rhythm, Creole rhapsody, It don’t mean a thing (if it ain’t got that swing), ancora oggi pezzi immortali per appassionati e non. 

In oltre 50 anni di carriera si esibì in ben 20 mila performance, conquistò 13 Grammy Awards, un Premio Pulitzer, la Medaglia d’oro presidenziale del presidente degli Stati Uniti Lyndon Johnson, la Legione d’Onore francese, oltre ai dottorati honoris causa dalle prestigiose Università di Howard e Yale. Inventore di grandi orchestre, Duke Ellington rimase sempre fedele alla tradizione musicale della musica afro-americana: il blues e lo swing, sempre alla ricerca di una perfetta estetica musicale.

In ambito musicale venne apprezzato più come direttore d’orchestra e compositore che come pianista, rimase celebre infatti l’impronta musicale da lui coniata: sviluppò infatti un fraseggio, un tocco unico e riconoscibile, uno stile pianistico inimitabile, sicuramente la più grande figura musicale che gli Stati Uniti abbiano conosciuto.

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