In&OutPrimo Piano

Il grido d’allarme delle organizzazioni emigrati sardi: “I costi dei trasporti sono oltre i limiti di guardia”

Condividi

“Gli emigrati sardi in Italia e in Europa non possono permettersi economicamente il ritorno estivo.” È il grido di allarme lanciato dalle organizzazioni degli emigrati sardi e nello specifico dalla  Federazione delle Associazioni Sarde in Italia, dalla Federazione dei Circoli sardi in Germania, dalla Federazione dei Circoli sardi in Svizzera, dai Circoli sardi in Olanda-Francia-Belgio-Spagna-Inghilterra-Danimarca-Bulgaria e dal CIVASE, Coordinamento Internazionale Associazioni Volontariato Sardi Estero.

Da Genova a Olbia (a/r) – scrivono nella lettera – il costo del biglietto può arrivare ad agosto fino a 700 euro a tratta per 2 persone + 2 bambini, senza alternative anche sulle altre tratte, sia sulla Genova-Porto Torres, sia da Livorno, sia da Civitavecchia. Dopo 18 mesi di sofferenza, l’ansia del ritorno alla normalità si scontra con le tariffe troppo alte. Mai come quest’anno, e non solo nelle date cruciali dei week-end, ma anche durante la settimana, e senza poter scegliere, come avveniva gli altri anni, un giorno diverso, una partenza diversa, magari a più lunga percorrenza autostradale, un altro porto, magari più lontano dalla destinazione, ma meno caro. Gli emigrati e in particolare la stragrande maggioranza dei lavoratori pensionati non possono partire, non possono tornare nella propria terra. Famiglie di emigrati stanno pensando seriamente di vendere la casa nell’isola, costruita per amore con risparmi e sacrifici, perché non possono più permettersela.”

Ad aggravare la situazione economia la grave pandemia che ha colpito tutto il mondo specialmente “le fasce più deboli, quelle che si sono impoverite maggiormente, fra le quali ci sono larghe fasce di lavoratori, emigrati dalle isole e dal meridione: solo che in Puglia e in Calabria ci si va in auto con circa 250 euro; per andare in Sardegna il costo è 5/6 volte più alto. Il sospetto che le compagnie, dopo una fase di concorrenza, tornino a fare “cartello” è più che legittimo. L’esperimento estivo della continuità sulla Civitavecchia-Olbia, in cui una sola compagnia ha viaggiato garantendo le quote alle altre due, è stato paradossalmente un incentivo ad abbassare i costi pur mantenendo alti i prezzi, senza vantaggi visibili per tutti i viaggiatori, sardi compresi. L’aumento esponenziale e allineato dei prezzi forse alla fine si dimostrerà autolesionistico: darà quote di mercato del turismo alle compagnie aeree low-cost d’estate, ma non favorirà e proteggerà il diritto alla mobilità dei sardi nelle altre tre stagioni.”

Le federazioni dei sardi emigrati non credono che l’aumento del prezzo sia dovuto alla ripartenza dell’economia dopo il fermo sanitario ma “influisce sulla mancanza di calmiere e di moderazione nell’aumento dei prezzi sia la vecchia continuità territoriale, mai così ballerina e aleatoria come in questi ultimi 18 mesi, coll’aggravante dello spettro del fallimento CIN (Tirrenia-Moby), che fra l’altro ha già causato l’inconcepibile situazione della linea Civitavecchia-Arbatax. Influisce ancor più il modello di nuova continuità territoriale prospettato: la riduzione da 7 a 3 delle linee marittime in convenzione per la Sardegna, con l’abolizione gravissima per tutti, e in particolare per gli emigrati, la cui presenza nella penisola è maggiore in Piemonte e Lombardia, della continuità Genova-Olbia, la quale serve anche gran parte dell’emigrazione sarda di Francia, Svizzera, Germania, Olanda, Belgio; la riduzione prevista degli stanziamenti per la “continuità territoriale” da 72 milioni di euro (53 per la Sardegna, al valore del 2012) a 40 milioni (34 per la Sardegna, al valore di oggi), che poi scenderanno ulteriormente dopo un triennio, ne è il segnale più chiaro; in confronto i modelli spagnolo e francese di continuità costano 185 milioni il primo e oltre 100 milioni il secondo. La continuità territoriale è ridotta a ben poca cosa. Tutto ciò è ancora più incomprensibile e grave in una fase di rilancio e riqualificazione dell’economia europea post pandemia, colla dotazione finanziaria italiana più importante del Recovery Fund.”

Ma se da un alto i prezzi non sono concorrenziali dall’altro non segue una modernizzazione dei mezzi navali  ne “una modernizzazione nel senso green di un sistema di trasporto vecchio e obsoleto. In questo quadro il ritardo e il divario infrastrutturale della Sardegna in Italia e in Europa sono destinati a crescere. Le prospettive sono oscure. Ci sono state interrogazioni parlamentari senza esaurienti risposte. Ci sono regolamenti dei trasporti scritti da INVITALIA, per conto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che sono una rimasticatura di 40 anni fa e discriminatori nei confronti di gran parte degli emigrati. C’è la totale mancanza di interlocuzione fra Governo e Regione Autonoma della Sardegna, la quale mai come oggi è senza voce in capitolo su un settore così importante per la sua economia e per la libertà dei suoi cittadini.

Il movimento degli emigrati si è battuto da sempre per rendere meno difficoltosi e dispendiosi i viaggi di chi è dovuto emigrare anche dolorosamente e partecipa anche “al comitato per l’inserimento del “principio di insularità” in Costituzione.”

È stato promesso – prosegue la lettera – un approfondimento sul modello: sul miglioramento, l’efficienza e l ‘efficacia del servizio, insomma su come far viaggiare meglio i sardi, d’ estate e d’ inverno, favorendo, nel contempo, il turismo e superando, con l’intervento dello Stato dove il mercato non compensa i costi, lo “svantaggio” dell’insularità, come previsto dai trattati europei. Non è avvenuto. Il convegno di Saronno del 15 febbraio 2020, con la presenza del viceministro dei trasporti e della vicepresidente della Regione Autonoma della Sardegna, non ha ancora trovato risposta. Gli studi dei  Sistemi dei Trasporti realizzati nella Facoltà di Ingegneria dell’Università di Cagliari, con la comparazione dei sistemi di trasporto di Francia, Spagna, Nord Europa, non sono presi in considerazione.

Le organizzazioni degli emigrati lanciano una preoccupazione seria  perché “L’avvio del mancato ricongiungimento dei sardi con le loro famiglie e le loro radici culturali rappresenterebbe un disastro antropologico grave. Anche per questo siamo qui oggi a protestare e a rivendicare il nostro sacrosanto diritto di poter tornare nella nostra regione, a condizioni non di privilegio, ma uguali a quelle degli altri cittadini italiani.”

Fonte: comunicato FASI

Comment here