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Letture in compagna di Zaira Zingone

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Lettura in compagnia di Zaira Zingone per parlare del suo libro “Andai nei boschi”, edito da Catartica Edizioni. Abbiamo intervistato l’autrice, nata a Sassari nel 1975. Diplomata magistrale e laureata in scienze motorie, cestista semiprofessionista, fin da giovanissima è appassionata di danza, musica e scrittura. Studia canto jazz da autodidatta e si perfeziona ai seminari di Paolo Fresu “Nuoro Jazz”. Nel 2010 da vita al progetto AlmaCanta insieme al musicista Graziano Solinas, in cui è cantante e autrice di testi. Nel 2013 esce il suo primo disco “Legàmi”, edito da Tronos, a cui seguirà il secondo album “Revive” nel 2017. “Andai nei boschi” è il suo libro di esordio come scrittrice di poesie e brevi racconti.

L'intervista

Sono incuriosita dal titolo del tuo libro, perché hai scelto proprio “Andai nei Boschi”, ma soprattutto cosa significa per te andare nei boschi?

Quando accarezzavo l’idea di riuscire a pubblicare un libro che raccogliesse le poesie e i racconti scritti nell’arco di 3 anni intensi e combattuti, cercavo nelle mie sensazioni e con l’intuito un titolo che accogliesse tutto il materiale. Lo percepivo come un viaggio, un percorso, una ricerca. Mi tornava spesso alla mente un passaggio di  “Walden. Vita nei boschi” di Thoreau il cui senso è proprio quello di cogliere l’essenza della vita e viverla per succhiarne il midollo. Era un po’ la mia necessità (e lo è tutt’ora). Decisi di citare l’inizio di quel passaggio che è appunto “Andai nei boschi”. Per me significa addentrarsi nelle proprie segrete stanze. Quelle che contengono la luce e il buio, il bello e il brutto, il bene e il male, il giudizio e l’amore incondizionato. Sono andata nei boschi per conoscermi meglio, per accettarmi, per sospendere il giudizio e osservare la mia natura. Questo è un processo eterno credo, certo non si esaurisce nello spazio di un libro.

Raccontaci come è nata l’idea di mettere nero su bianco i tuoi pensieri e le tue emozioni, perché ha deciso di condividerle?

La spinta a pubblicare è arrivata da diverse persone a me care che mi hanno chiesto di organizzare i miei testi, alcuni letti sui social, in un libro che avrebbero letto volentieri. Alcune di queste persone hanno inoltre competenze specifiche in ambito letterario e sentire l’entusiasmo per il mio modo di scrivere mi ha incuriosita e incoraggiata. Il vero momento di svolta è stato quando ho notato un bellissimo segnalibro disegnato da mia madre che raffigura una donna albero (i suoi capelli sono morbide e rotonde foglie) e sullo sfondo una luna che tramonta (o sorge): in quell’istante preciso ho deciso che avrei “costruito il libro”. Poco dopo mi sono lanciata e ho inviato il mio primo manoscritto ad una casa editrice indipendente di Sassari che è Catartica Edizioni. Volevo far arrivare i miei testi a tante persone perché penso che condividere qualcosa di personale o che nasce da esperienze personali forti, che toccano corde sensibili e nascoste, possa curare, spingere, incoraggiare, accogliere chi legge.

In quello che hai scritto ci sono temi ricorrenti “libertà, amore, speranza,” perché?

Sono i miei pilastri, diciamo. Insieme al rispetto per se stessi e gli altri, senza alcuna distinzione tra esseri umani. Libertà di essere noi stessi/e, di esprimerci, di realizzare la nostra personale opera di vita. Amore innanzitutto per la vita stessa, quindi anche gratitudine. Amore per me e per gli altri. Per me Amore sta nella relazione tra partners, tra amici e amiche, in famiglia, al lavoro. Assume varie sfumature e intensità, ed è necessario che ognuno approfondisca il profondo e bellissimo senso dell’Amore per vivere in modo sempre più armonioso e appagante. Amore per me equivale a prendersi cura di una persona, interessarsi ai suoi sogni e conoscerla, volerne il massimo bene, qualsiasi sia la sua scelta di starti vicina o meno. Senza speranza non c’è vita felice, sono una persona che lotta, vince e fallisce, sì, ma non mi sento mai sconfitta nel cuore. La speranza per me è credere di poter sempre fare la differenza, cambiare le cose partendo da ciò che sono nel momento presente.

Hai scritto “Che cos’è l’amore?”, sei riuscita veramente a trovare una risposta a questa domanda?

 Credo di averti risposto poco fa. Mi ripeto ma magari può servire: “…per me equivale a prendersi cura di una persona, interessarsi ai suoi sogni e sostenerli, conoscerla, volerne il massimo bene, qualsiasi sia la sua scelta di starti vicina o meno.

In “Sola (ma non veramente)” hai scritto una frase che ti riporto “Se non ci fosse la sofferenza a segnalare che qualcosa si muove e cambia nel profondo, non potremmo mai assaporare la felicità.”, puoi argomentarcela meglio? Bisogna quindi soffrire per poter gioire?

Non bisogna soffrire per gioire e non si può pensare di eliminare la sofferenza dalla vita. Ne è una componente, come la morte, altra parte del processo vitale. Noi esseri umani, avendo un complesso sistema emotivo che si è sviluppato intrecciato all’intelligenza, soffriamo perché non capiamo, non sappiamo o non accettiamo certi fatti. Soffrire ci dovrebbe portare ad approfondire, a voler comprendere e conoscere meglio certi meccanismi dell’esistenza e della mente umana. Soffrire quindi fa parte di un processo di crescita, di sviluppo. Avanziamo, troviamo impedimenti di vario tipo, a volte decidiamo di affrontarli e superarli e a volte no. Se usiamo la sofferenza per affinare la comprensione e la percezione della vita possiamo guadagnarne il leggerezza, gioia e felicità. Ma non penso (e non scrivo) che sia facile. Io ho scelto di vivere provando ad usare la sofferenza per conquistare la felicità.

Affrontiamo il Covid19 dalla parte degli artisti. Categoria spesso “abbandonata a se stessa e dimenticata” dai politici. Una tua opinione.

Il Covid e le restrizioni che abbiamo vissuto mi hanno messa in una condizione di silenziosa osservazione e di ascolto. Non ho avuto slanci artistici e creativi particolari, a parte un racconto che è stato selezionato per una raccolta dedicata al tema e che uscirà in questi giorni per Catartica Edizioni. La cultura, l’arte nelle sue molteplici forme e la musica (sono anche una cantante e scrivo testi per la musica) sono ricercate spesso dalla politica (sto generalizzando) solo in periodo elettorale o per fare promozione turistica. Trascorso quel momento, nessuno si ricorda di te. Non è una lamentela, l’ho vissuto ben due volte in prima persona. Ben pochi pensano e credono che la cultura, le arti, la musica debbano far parte integrante della vita sociale delle persone. La mia sintetica opinione, perché comunque ci vorrebbe una tavola rotonda di una settimana per sviluppare una riflessione seria, è che sia tutto da rifare a partire dall’educazione nella scuola e in famiglia: l’importanza, il valore, il riconoscimento come professione (e come giusta retribuzione) delle forme d’arte si imparano tra i propri pari insieme ai docenti e ai famigliari, vivendole  e conoscendo se stessi attraverso esse. Quando senti quanto una forma espressiva ti faccia bene nel profondo non puoi che amarla, alimentarla e tutelarla. Questo è ciò che sento manchi in generale e a tante amministrazioni, a più livelli.

“Andai nei boschi” è stato pubblicato proprio a ridosso dell’inizio della pandemia, adesso riprenderai con le presentazioni?

Ho fatto la prima presentazione di “Andai nei boschi”, molto emozionante, partecipata e che ha visto tanti libri tra le mani del pubblico, il 28 Febbraio a Il vecchio Mulino di Sassari. Avevo altre 3/4 date fissate, tutte saltate. Ora riprendo il 26 Luglio alle 18.00 sul Monte Minerva (Villanova Monteleone), presso la riserva naturalistica e i boschi secolari, ospite della magica Locanda Minerva. Per fortuna sto ricevendo inviti a festival, presentazioni e rassegne che per ora sono da fissare in modo ufficiale. Ti terrò aggiornata e terrò aggiornati i miei lettori su Facebook e Instagram (@zairazinone75)

Musica e scrittura, cosa ti emoziona e ti impegna di più?

Sono due attività espressive molto differenti: nella musica e nel canto l’impegno è forse più totalizzante perché si aggiunge l’espressione cantata e tutti i dettagli tecnici legati all’emissione vocale. Non solo: la scrittura deve rispettare la metrica della linea melodica, avere senso…cantare e convincere insieme alla musica. La scrittura di poesie e brevi racconti può apparire più semplice, ma in realtà per me è molto coinvolgente perché parto da vissuti personali, intimi a volte. E’ un po’ come camminare nuda in mezzo alla gente. Non c’è la musica, non ci sono altre componenti a “distrarre” il lettore. Chi sa guardare, mi può vedere, nella scrittura. Non tutto, ma una buona parte sì. Con il canto e la musica si può percepire l’essenza, l’emozione dell’artista, anche quando non si esplicita con la parola. Quindi come vedi, anche questa è una forte emozione. Mondi diversi tra i quali per ora non posso e non voglio scegliere.

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