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L’Orbace Sardo nel passato e nel presente

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E’ un prodotto antico dell’artigianato sardo ottenuto dalla lavorazione della lana di pecora, parliamo di orbace, tessuto robusto, impermeabile all’acqua, usato in passato per confezionare abiti da lavoro e pezzi eleganti della tradizione vestimentaria sarda. Erano di orbace o albagio il cappotto maschile più elegante, ornato e rifinito, su sereniccu e il modesto coprispalla nero dei pastori , su saccu de coberri, realizzato con due tagli di questo tessuto uniti tra loro, che serviva per proteggersi dal rigido rigore dei mesi invernali. Di albagio nero era anche su panneddu, l’antico coprispalla plissettato usato dalle donne sulcitane in abbinamento ad abiti semplici e di uso quotidiano.

Nel ventennio fascista l’orbace conobbe il suo maggior splendore, serviva infatti per la realizzazione delle divise militari e ben presto si passò, per volere del partito, a regolarizzarne il commercio e la produzione con la collaborazione della Società commerciale dell’Artigianato d’Italia. Un prodotto locale unico che andava salvaguardato dalla concorrenza estera e dagli speculatori, pronti a competere con tessuti similari fatti a macchina.

Nel Sulcis, già intorno al 1900, troviamo le tessitrici campestri che tessevano la lana dando così vita a una straordinaria industria casalinga, fonte di sussistenza e sostentamento della famiglia.

Come si lavorava l’orbace? Questo versatile tessuto offriva lavoro in tutte le stagioni dell’anno, si incominciava da Maggio con la sforbiciatura delle greggi. La lana doveva essere risciacquata, sgrossata e quindi pettinata e filata. Le donne disponevano di telai strutturalmente semplici, due tronchi d’albero che poggiavano su piedi di legno e quattro listelli trattenuti da un fuso. Così aveva inizio quell’affascinante lavoro manuale che permetteva di separare l’ordito dalla trama. Si passava quindi alla follatura per mezzo delle gualchiere, primitivi martelli di legno, azionati con la forza idraulica dei torrenti che pestavano e compattavano il tessuto per infeltrirlo. In alcune zone questo processo avveniva persino con la battitura dei piedi. Infine l’orbace veniva immerso in un paiolo d’acqua bollente per la tintura e dopo che il colore si era lentamente insinuato nella stoffa si passava al risciacquo nell’acqua limpida. Una volta asciugato veniva stirato e arrotolato in tronchi di legno tornito, pronto per essere utilizzato.

Oggi che l’abbigliamento tradizionale è superato, l’orbace, tessuto delle vecchie generazioni, torna a far breccia nella moda italiana per essere convertito in un prodotto tutt’altro che austero e pesante. Interessa un’ampia categoria di persone appassionate dell’abbigliamento vintage. E’ impiegato per la creazione di cappotti, gilet, giacche e borse dal gusto moderno, diventando una riscoperta che arriva ad oltrepassare i confini della realtà sarda. C’è persino chi, tra i marchi più importanti dell’alta moda internazionale lo ha utilizzato per farne collezioni di capi da uomo e donna. Numerose sono anche le esposizioni di tessuto alle quali l’orbace sardo non manca di essere presente e apprezzato per le sue caratteristiche di duttilità e lavorazione che ne fanno un prodotto made in Italy unico al mondo.

di Vanessa Garau

 

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