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“Non abbiamo nè padrini nè padroni”: sindaco del PD arrestato per scambio di voti con la camorra

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Pensare che gli intrecci tra politica e criminalità organizzata fossero terminati con le inchieste di ‘Roma Capitale’ e lo scandalo Expo di Milano era sicuramente utopico.

Ma lo scenario che emerge dalla provincia di Napoli è forse ancora più scabroso.

Il sindaco di Marigliano è stato arrestato con l’accusa di aver praticato il cosiddetto ‘voto di scambio’ con la camorra. Ma non per caso, lo avrebbe proprio cercato quell’appoggio malavitoso.

Lo avrebbe foraggiato con 10mila euro divisi in due tranche (dovrà chiarire davanti ad un giudice il perché) per garantire assunzioni di comodo per una cooperativa gestita dal clan camorrista degli Esposito.

I carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale di custodia in carcere, emessa dal gip di Napoli su richiesta della Dda partenopea, nei confronti di Carpino e di Luigi Esposito, attualmente detenuto al 41 bis. Entrambi sarebbero ritenuti gravemente indiziati dei reati di scambio elettorale politico-mafioso e corruzione elettorale aggravata dal cosiddetto metodo mafioso in concorso tra loro e con i collaboratori di giustizia Cristiano Piezzo e Massimo Pelliccia.

I fatti in questione risalirebbero al periodo tra ottobre 2014 e giugno 2015. Antonio Carpino è stato eletto sindaco di Marigliano nel 2015 (al ballottaggio) con il sostegno di 7 liste, tra le quali quelle del Partito democratico, Sinistra per Marigliano, Marigliano libera e Il Campanile.

Il primo cittadino ha già annunciato la sua volontà di ricandidarsi alle elezioni del 20 e 21 settembre per un secondo mandato, con il sostegno del Pd e della coalizione di maggioranza. E proprio il Partito democratico si è detto “profondamente colpito” dalla notizia dell’arresto di Carpino: “Nessuno avrebbe immaginato i fatti che lo hanno determinato” ha sottolineato il segretario del Pd di Napoli Marco Sarracino, che dopo aver espresso “totale fiducia nella magistratura” ha affermato di esser sicuro “che svolgerà con rapidità il suo lavoro di approfondimento delle accuse, anche alla luce della ricostruzione dei fatti che il sindaco Carpino, come pure auspichiamo, fornirà. Ci aspettiamo che tale ricostruzione possa chiarire le gravissime contestazioni che oggi gli sono mosse”.

Secondo gli inquirenti sarebbe stato proprio Antonio Carpino, quando era aspirante sindaco di Marigliano, ad avvicinare la camorra locale per chiedere i voti dei cittadini del quartiere Pontecitra sia per le primarie dell’8 marzo 2015, sia per le amministrative del 31 maggio e 14 giugno 2015. Una circostanza, quest’ultima, che emergerebbe dagli atti dell’inchiesta della DDA di Napoli e dei carabinieri di Castello di Cisterna. In cambio di questo “favore”, secondo l’accusa, l’attuale sindaco di Marigliano avrebbe promesso denaro e altre “utilità” ai camorristi; tra queste anche quella di costituire una cooperativa di ex detenuti in cui assumere le persone che i suoi interlocutori gli avrebbero indicato, assicurando contestualmente anche contratti d’appalto comunali agli imprenditori graditi a Esposito e Cristiano Piezzo (capo del clan dei cosiddetti Mariglianesi) in quanto vittime delle loro richieste estorsive. Dall’attività investigativa, inoltre, sarebbe emerso che l’allora aspirante sindaco avrebbe versato ai due esponenti di spicco della camorra locale 10mila euro in due tranche, consegnate prima delle consultazioni e dopo l’elezione.

Il tutto in un periodo temporale, la prima metà del 2015, in cui a Marigliano le varie anime della camorra, secondo la DDA, erano alleate e rappresentata da tre uomini, Luigi Esposito, detto “ò sciamarro”, Massimo Pelliccia, ex cognato di Esposito, e Cristiano Piezzo.

L’intreccio tra politica e clan emergerebbe nell’ambito delle indagini sulla criminalità organizzata locale che, nella seconda metà del 2015, vedrà poi la fine delle alleanze con il successivo scontro armato tra due fazioni: il clan dei Napoletani (Mazzarella, capeggiato da Cristiano Piezzo) e dei cosiddetti “cafoni”, guidato da Luigi Esposito “ò sciamarro”.

Gli intrecci tra la camorra e l’aspirante sindaco sarebbero stati riferiti anche da alcuni collaboratori di giustizia, tra i quali figurebbe anche lo stesso Cristiano Piezzo e il genero di Esposito, Tommaso Schisa. Ed è proprio sulla base di queste dichiarazioni che le indagini sono riprese. In merito alla cooperativa, che sarebbe stata una garanzia per gli affari illeciti dei clan, ha riferito il collaboratore di giustizia Raffaele Aurelio (che in periodi diversi ha militato sia nelle fila di Esposito, sia in quelle capeggiate da Piezzo), rispondendo alle domande degli inquirenti, il 26 maggio 2016: “Era chiaro che nella cooperativa avremmo dovuto essere assunti noi del gruppo; questa cooperativa era importante perché serviva a fornirci una copertura nei confronti di Carabinieri e Procura per via del denaro e dei beni che avevamo”.

Ad Antonio Carpino, incensurato, è stata disposta la misura cautelare più afflittiva, in considerazione del pericolo di recidiva: la considerazione nasce dalla possibilità di una sua ricandidatura alle prossime amministrative.

Carpino, tra l’altro, aveva già iniziato a fare campagna elettorale, seppure indiretta. Solo qualche sera fa, ad esempio, aveva rivolto un appello al Movimento 5 Stelle, a Rifondazione Comunista ed a tutte “le forze che vogliono dare il proprio contributo” ad entrare nella coalizione che lo avrebbe appoggiato alle prossime amministrative di settembre.

“Nessun sindaco era riuscito a completare la legislatura – diceva nella sua pagina Facebook – devo ringraziare le forze politiche e consiliari che mi hanno sostenuto per cinque anni. Di questa cosa vado molto fiero. Devo ringraziare tutti a cominciare dal Pd che ha avuto un ruolo centrale e deve averlo anche alle prossime elezioni. Ci ripresentiamo compatti, con cinque liste a mio sostegno, ma la coalizione non è chiusa, è aperta a tutte le forze che vogliono dare il proprio contributo. Mi rivolgo ai 5 stelle con i quali c’è coalizione a livello nazionale, a Rifondazione comunista, con la quale abbiamo fatto un pezzo di percorso insieme. Noi non siamo contro nessuno, non dobbiamo sconfiggere nessuno per forza, non dobbiamo ammazzare nessuno, il nostro obiettivo è quello di completare e implementare il programma di cinque anni fa. Tutto ciò che abbiamo fatto lo abbiamo fatto con la nostra testa, non abbiamo avuto né padrini né padroni e mai nessuno si è permesso di dirci quello che dovevamo fare. Ho sempre detto che noi siamo come una cooperativa nel senso che con la nostra testa abbiamo deciso e abbiamo rischiato, assumendoci in pieno le responsabilità”.

Articolo a cura di Giomaria Langella

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