Parlandoci Chiara...mente

Parlandoci Chiara…mente: “Devo fare rumore per tutti quelli che non riescono a farsi sentire”. Geolier canta i disagi della periferia.

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Caivano, è solo una delle tante periferie degradate del nostro paese. Lì più che altrove è difficile vivere. Da giorni è su tutti i giornali per lo stupro di due bambine da parte di un gruppo di minorenni, ma questo è solo un altro fattaccio che si aggiunge a tanti altri a Caivano e non solo a Caivano!

Ma quante Caivano esistono nelle nostre città e nei nostri centri urbani?

Alveari umani spesso fatiscenti che somigliano un po’ a quegli allevamenti intesivi che si vogliono eliminare per il bene animale.

Luoghi non-luoghi, dove l’impunità e il malaffare regnano sovrani e i bambini crescono velocemente e parallelamente al degrado in assenza o poca presenza dello stato o di amministratori distratti, intenti a seguire i sondaggi, ad annunciare passerelle e in perenne campagna elettorale che dimenticano questi luoghi salvo strizzare l’occhio ogni tanto a nuovi possibili elettori.

Le cronache di tutti i giorni sono deprimenti: stupri di gruppo e abusi su bambine che mai torneranno a essere tali; morti ammazzati per mano di ragazzi sempre più giovani che escono con pistole e coltelli. Stragi nelle strade per l’alta velocità, l’abuso di alcool e droghe, morti sul lavoro incuranti del pericolo o vittime di un lavoro che guarda solo al denaro. Femminicidi? Troppi, che le scarpe rosse e le panchine non bastano più.

Atti di violenza e di inciviltà sempre più diffusi anche in zone meno disagiate perché il malessere si sta diffondendo ovunque e ovunque accadono cose raccapriccianti, dentro e fuori i contesti familiari e amicali.

Minori abbandonati e dimenticati insieme alle aree urbane ghettizzate, senza spazi ricreativi, senza servizi, senza infrastrutture, senza presidi di legalità, dove la scuola è la strada.

Una realtà parallela dove vigono regole di convivenza alternative a quelle  dello stato.

Dove è la malavita a fare da welfare e a insegnare l’arte della sopravvivenza.

Caivano, la piazza di spaccio più grande d’Europa, ma basta un tour virtuale nella rete per scoprire  che esistono in ogni città o periferia tante “Caivano”. In alcuni casi interventi economici e sociali col coinvolgimento di associazioni, scuola servizi hanno aperto orizzonti diversi a questi giovani e a queste famiglie, ma i finanziamenti destinati a questi progetti vengono continuamente ridotti  o tagliati per primi.

Le soluzioni messe in campo sono sempre le stessa: “pene più severe”.

La castrazione chimica per gli stupratori, carcere per chi spaccia, carcere per i Rav non autorizzati, carcere per i minori, Daspo urbano, allontanamento dalle famiglie, arresto per i genitori che non mandano i figli a scuola.

Non ci sono alternative alle soluzioni punitive.

Certamente è una risposta immediata che arriva alla pancia della gente, dando la percezione che si stia davvero facendo qualcosa. Ma cosa?

Il pugno duro e la voce grossa lasciano i problemi irrisolti, lasciano che il fuoco vivo covi sotto la cenere! Se i cittadini poveri, i disoccupati, i giovani sono percepiti solo in maniera problematica, allora il cambiamento culturale che sarebbe necessario e auspicabile non ci sarà perché per loro non si investirà un solo euro.

Le manifestazioni di intolleranza e le considerazioni sempre più razziste e sempre meno timide che colpevolizzano chi è diverso o chi subisce un abuso, tradiscono il patto sociale sancito dalla Costituzione. Il generale-scrittore che non ritiene grave discriminare i gay e le minoranze in quanto minoranze, è il segnale che c’è un fraintendimento palese di quello che si dovrebbe intendere per DEMOCRAZIA.

Il fraintendimento è che a determinare lo stato democratico senza prendere in considerazione le minoranze di qualunque natura sia, debba essere compito esclusivo della maggioranza.

Ma la cosa preoccupante è che queste idee hanno radici, queste esternazioni hanno un pubblico, un elettorato anche giovane che li segue perché queste elucubrazioni diventano propaganda che condizionano scelte e comportamenti, facendo leva sulle paure delle persone e alimentando rigurgiti autoritari sempre più violenti e con un fetore insopportabile.

Dobbiamo ricominciare a usare la testa per ragionare e pensare e non solo per metterci un cappello o un casco.

“Maestra insegnami a pensare!” questo dovrebbe chiedere ogni bambino. E questo dovrebbe tornare a fare la scuola.

Insegnare a pensare è essere capaci di senso critico non di omologazione. Se tutti quanti fossimo più capaci di pensare autonomamente e di esprimere coraggiosamente i nostri pensieri potremmo piano piano ricostruire l’alfabeto della convivenza civile e arginare la cafonaggine dilagante nella realtà quotidiana e nei media.

Forse bisogna tornare lì, alla linea di partenza!

Un mese di carcere o la galera per i genitori che non mandano i figli a scuola non fanno venire la voglia di andarci, né aiutano quei genitori a mandarci i loro figli. Chi non trova lavoro non è perché non lo cerca e se anche lo cercassero, quali sono le politiche messe in atto per eliminare la disoccupazione?

Le necessità sono tante, ma una è più urgente di tutte: mettere in campo progetti socio educativi. Bisogna avere l’ardire di investire copiosamente su formazione, cultura, sanità, lavoro. bisogna dare alternative per il futuro a chi ha perso la speranza e si è arreso all’apatia e allo stato delle cose.

Vi svelo un segreto: non siamo ancora una vera civiltà e di democratico abbiamo solo la Costituzione …ancora inapplicata, che è già una fortuna!

I figli si educano non si puniscono e basta, e questi, tutti questi sono i nostri figli.

Spesso chi va dentro per piccoli crimini peggiora il suo stato e alla fine il risultato è una persona peggiore di prima che viene iniettata nel tessuto sociale come una cellula anomala capace di creare scompensi.

L’umanità che entra nelle carceri è quella che ogni operatore o addetto porta con se dentro quei luoghi. E chi pensa che per piccole scivolate bisognerebbe far marcire queste persone in carcere gettando la chiave, rispondo che, proprio le persone fuori dalle carceri, in questa nostra società malata, sta compromettendo la capacità  delle nuove generazioni di stare al mondo.

Questo non può essere lo scopo di una detenzione, prendere in carico una persona e restituirla alla società peggiore di prima. Non possiamo permetterci questo, oggi che la devianza, la delinquenza, l’aggressività, la crudeltà stanno pervadendo e forgiando personalità mostruose, dobbiamo fare qualcosa che porti un cambiamento culturale.

Le scivolate linguistiche o scivoloni nei dibattiti e riportati sui quotidiani sono indicativi dell’ arretratezza culturale di chi dovrebbe dare l’esempio e riportare la Democrazia sui giusti binari.

Il silenzio di chi dovrebbe condannare subito certi atteggiamenti o volgarità poi, è assordante!

Di Chiara Bellu

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