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SLIDING DOORS: DENTRO IL CORAGGIO FUORI LA PAURA

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Sono giornate palindrome, quelle che stiamo vivendo. La sveglia del mattino racconta numeri, persone contagiate e persone che non ce l’hanno fatta, la sera il conforto tra le braccia di Morfeo arriva non prima di aver letto l’ultimo bollettino di un’Italia provata, infiacchita nell’animo e nei suoi nervi. Sono giorni che non dimenticheremo facilmente. Come non dimenticheremo quei visi stravolti, le mani consunte dall’usura del lavoro, quegli occhi appannati ma mai domi che in maniera silente esprimono tutta la voglia di non mollare di una parte della popolazione che combatte per gli altri col coltello tra i denti. Sono medici, infermieri, oss, volontari e tutti coloro che lavorano come personale sanitario negli ospedali, persone mascherate e bardate come personificazione di antichi cavalieri che ora invece dell’armatura hanno camice, guanti, mascherine, occhiali e copricapo a forma di elmo per difendersi da un virus forte e infido. Sono persone che hanno un volto e soprattutto un nome, una vita e una famiglia. Non vi parlerò, quindi, di un’infermiera, ma racconterò di Monica, professionista sarda figlia del Sulcis Iglesiente che lavora a Bergamo, campo di battaglia dove si combatte ogni giorno per piegare quel trend negativo che quotidianamente tiene tutta Italia col fiato sospeso. Lei insieme ai colleghi combatte contro un virus, ma non è l’unica battaglia; si combatte con le ristrettezze e le carenze di un sistema sanitario che era tra i migliori al mondo e che dopo trent’anni di tagli, sprechi e chiusure ha lasciato gli italiani orfani di quel monumento lasciato in eredità dalla nostra donna di ferro, Tina Anselmi. Oggi Monica è un cavaliere “dimezzato” la cui armatura non sempre è adeguata alla battaglia, perchè quando si vive un’emergenza straordinaria può capitare ma, come tanti addetti ai lavori sostengono, potevamo contenere il più possibile tutte le mancanze se si fosse lasciato in piedi un’impalcatura quasi perfetta come quella da noi stessi generata. Invece oggi Monica, e tutti quelli come lei, si vedono costretti a fare scelte dolorose per la grande mole di persone che giunge negli ospedali e satura, in moltissimi casi, i reparti di terapia intensiva ormai esauriti. Ogni giorno lì, a Bergamo come nel resto della Lombardia, in tanti escono senza vita e senza aver potuto salutare le persone care. Quindi, il mio appello è rivolto a tutte le persone oggi in casa, costrette dalle contingenze a vivere molto tempo al chiuso: rimanete a casa, attenetevi scrupolosamente ai dettami che il sistema sanitario ha stilato. Fatelo per voi, per i vostri cari, per Monica che oggi, mentre scrivo, sta indossando il suo elmo che, come il dio Ade, la renderà di nuovo invisibile per confondersi con tutti gli altri operatori sanitari stanchi, soli e mai domi. Perchè nell’inferno dove si trovano, non c’è più tempo: se finiscono le energie anche loro, perderemo tutti.

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