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TRUMP VALUTA IL REINSERIMENTO DI CUBA NELLA LISTA NERA STATUNITENSE

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Alta tensione nei rapporti diplomatici tra USA e Cuba. Dopo le prove di dialogo ed il disgelo ottenuto da Obama nel 2014 (ma con pesantissima complicità del Papa e della Chiesa Cattolica, senza la quale probabilmente non si sarebbe fatto alcun passo in avanti), nonostante le ‘profonde differenze’ tra i due paesi soprattutto nel campo dei diritti umani, oggi l’amministrazione Trump minaccia il fardello della blacklist.

Il disgelo negli anni 2015-2016 consisteva sostanzialmente nella liberazione di alcuni prigionieri politici oltre a garantire l’accesso sull’isola a diplomatici e medici Americani; in cambio ci sarebbe stata la rimozione dalla blacklist (avvenuta) e l’avvio delle operazioni di fine embargo (mai attuate).

“Noi non rimarremo silenti di fronte all’oppressione del comunismo. Cuba è governata dalle stesse persone che hanno ucciso decine di migliaia di loro stessi compatrioti e che hanno sperato di espandere la loro ideologia nel nostro emisfero. Il regime di Castro ha inviato armi alla Corea del Nord e ha alimentato la violenza in Venezuela. La mia amministrazione non lo nasconderà e non sarà mai cieca davanti a tutto questo”.

Il pensiero di Trump è abbastanza eloquente. A Cuba vige la dittatura, non c’è libertà di stampa e neppure di associazione. Il modello dell’espropriazione proletaria non è sufficiente a garantire il benessere dei cittadini. La maggior parte dei servizi sono a carico dello Stato, ma sempre in ottica di un futuro indottrinamento politico. Il regime controlla ogni attività: non è libero neppure Internet.

Lo scacchiere internazionale è molto più spinoso, poiché Cuba appoggia il Venezuela che è ostile alla Colombia. Cuba, in chiave antimperialista, è vicina a Corea del Nord, Iran e Siria, nemici giurati degli States.

MANCATA COOPERAZIONE

In particolare, gli Stati Uniti ritengono che questi paesi ai sensi della Sezione 40A dell’Atto sul controllo delle esportazioni di armi “non cooperano pienamente” con le iniziative antiterrorismo di Washington; in base a tali regolamenti, è vietata la vendita o la licenza per l’esportazione di articoli e servizi di difesa verso tali Stati.

Secondo il documento del Dipartimento di Stato, Cuba verrebbe inclusa perché i membri dell’Esercito di liberazione nazionale colombiano (ELN) hanno viaggiato nel 2017 per condurre colloqui di pace, rimanendoci però fino al 2019 perchè Cuba si è rifiutata di estradare 10 membri di questa organizzazione guerrigliera dopo che gli fu attribuito l’attacco con un’autobomba alla Scuola Generale dei Cadetti di Santander a Bogotá, che causò 22 morti e oltre 60 feriti.

“Il rifiuto di Cuba di impegnarsi in modo produttivo con il governo colombiano dimostra che non sta collaborando con il lavoro degli Stati Uniti per sostenere gli sforzi della Colombia per garantire una pace, sicurezza e opportunità giuste e durature per il suo popolo”, si legge nel documento.

Inoltre, menziona che Cuba ospita diversi fuggitivi della giustizia degli Stati Uniti; Joanne Chesimard, ad esempio, che fu condannato per l’esecuzione del soldato dello stato del New Jersey, Werner Foerster, nel 1973.

Per quanto riguarda il Venezuela, la permanenza nella lista risponde al fatto che nel 2019, il presidente Maduro ed i suoi funzionari “hanno continuato a fornire condizioni favorevoli ai terroristi nella regione per mantenere la loro presenza”, compresi i presunti dissidenti delle forze armate rivoluzionarie dalla Colombia (FARC) e membri dell’ELN. Maduro è stato accusato penalmente dagli Stati Uniti per aver svolto attività di traffico di droga, presumibilmente con le FARC, negli ultimi 20 anni.

A proposito di Siria, gli Stati Uniti credono che questo paese “abbia continuato il suo sostegno politico e militare ai gruppi terroristici “, incluso Hezbollah.

La Corea del Nord viene segnalata per continuare ad ospitare quattro giapponesi che hanno partecipato al dirottamento di un volo da una compagnia aerea giapponese nel 1970. Inoltre, afferma che il Giappone sta cercando 12 cittadini dispersi tra il 1970 e il 1980 che si presume siano stati rapiti da entità statali di Pyongyang.

L’Iran, da parte sua, è accusato di continuare ad essere “il più grande sponsor statale mondiale del terrorismo” sostenendo Hezbollah, i gruppi terroristici palestinesi ed altri che operano in tutto il Medio Oriente.
Inoltre il Corpo di Guardia Rivoluzionaria Islamica dell’Iran “è stato direttamente coinvolto nel complotto terroristico ed ha ucciso cittadini statunitensi”.

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