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Vino rosso potrebbe ridurre alcuni grassi nel sangue nemici del cuore, al via lo studio

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ROMA – I latini dicevano che il “vino fa buon sangue”, facendo riferimento ai presunti effetti terapeutici di questa antica bevanda. In effetti, negli anni sono state sempre più numerose le evidenze scientifiche che hanno sottolineato l’azione protettiva sull’organismo di alcune sostanze del nettare di Bacco, in primis la presenza di antiossidanti come il resveratrolo che, tra gli altri, riduce l’invecchiamento cellulare. Ma il vino, soprattutto rosso, avrebbe effetti benefici anche sul cuore, non solo perché ricco di polifenoli ma anche per la sua capacità di contrastare le ceramidi, particolari lipidi presenti nel sangue che favoriscono la deposizione del colesterolo ‘cattivo’ (Ldl) nella parete delle arterie, contribuendo così all’aterosclerosi.

È questa una nuova ipotesi a cui si stanno lavorando i ricercatori dell’Irccs Sacro Cuore di Negrar di Verona che, in collaborazione con l’Università scaligera, avvieranno presto la prima sperimentazione clinica all’interno di un Dottorato di ricerca per verificare il possibile effetto ‘scudo’ del vino contro le ceramidi. Lo studio previsto – riporta un a nota – consentirà di comprendere meglio i meccanismi biologici alla base dell’effetto cardioprotettivo del vino e potrebbe aprire la strada all’identificazione di un nuovo bersaglio terapeutico.

L’annuncio dello studio, che inizierà a breve, è arrivato direttamente dai ricercatori proprio in occasione di Vinitaly, manifestazione che si sta concludendo a Verona. Obiettivo della ricerca, dimostrare che l’assunzione lieve–moderata di vino può avere effetti cardiovascolari benefici agendo sulla riduzione delle ceramidi, acidi grassi presenti in quantità elevata nel sangue dei pazienti colpiti più volte da eventi ischemici come l’infarto cardiaco.

Le ceramidi sono oggetto di ricerca da parte del Sacro Cuore e dell’Università di Verona dal 2018 – evidenzia la nota – grazie all’utilizzo da parte del Laboratorio di Negrar di metodiche di analisi biochimica molto sofisticate e disponibili in pochi centri al mondo. Gli studi pubblicati dal gruppo sulle riviste internazionali Arteriosclerosis, Thrombosis, and Vascular Biology e Metabolism Clinical and Experimental hanno dimostrato che le ceramidi tendono ad aumentare il rischio di malattia coronarica e di recidiva di eventi cardiaci come l’infarto, anche in soggetti trattati farmacologicamente in modo ottimale per la riduzione del colesterolo Ldl.

“I benefici del consumo lieve-moderato di vino (12 grammi di alcol al giorno nella donna e 25 grammi nell’uomo, corrispondenti rispettivamente ad uno o due bicchieri da 125 ml) – afferma il cardiologo Stefano Bonapace, dell’Irccs Sacro Cuore – sono stati ampiamente dimostrati, in particolare l’assunzione di vino rosso è stata correlata a un minor rischio di malattia coronarica. Studi epidemiologici e meta-analisi hanno principalmente attribuito questo risultato alla grande varietà di composti polifenolici presenti nel vino rosso, come ad esempio il resveratrolo che inibisce la formazione di fattori infiammatori che causano malattie cardiovascolari. Tuttavia, i meccanismi biologici responsabili dei suoi effetti cardioprotettivi non sono completamente chiariti”.

“Ad oggi – continua Bonapace – il potenziale effetto benefico del vino consumato in modo lieve moderato sembra essere prevalentemente legato a un aumento nel sangue del colesterolo ‘buono’ detto Hdl e a una riduzione dell’ossidazione del colesterolo ‘cattivo’ Ldl. Peraltro, non vi sono dati sul possibile effetto del vino sulle ceramidi, che sembrano avere un ruolo di facilitatori nel processo di aterogenesi favorendo con vari meccanismi la deposizione del colesterolo Ldl nella parete delle arterie causandone così la progressiva ostruzione”. Lo studio “mira proprio a cercare di chiarire, attraverso un’assunzione controllata in modo sperimentale di una certa quantità di vino, se parte dell’effetto benefico di questa popolare bevanda sul sistema cardiovascolare possa passare anche attraverso la modificazione nel sangue di queste ceramidi che, in prospettiva, potrebbero diventare un nuovo target terapeutico’ conclude.

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