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Zaki: “Il 21 novembre cercheremo di portare aiuti da Rafah”

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BOLOGNA – “È necessaria una pressione da parte dei governi che hanno realmente il potere di cambiare la situazione, a partire dai presidenti Biden, Meloni e Macron. Loro potrebbero fermare Israele e i bombardamenti. Ma anche i cittadini, tutti quelli che hanno a cuore i diritti umani, possono fare la loro parte. Il 21 novembre partirò insieme ad avvocati, giornalisti e attivisti di tutto il mondo che vorranno unirsi a me: dalla sede del sindacato egiziano per i giornalisti ci recheremo al confine con la Palestina, lì tenteremo di entrare dal valico di Rafah per portare tutti gli aiuti umanitari possibili ma anche per lanciare un messaggio: tutto il mondo sta chiedendo un cessate il fuoco”.

Lo ha detto Patrick Zaki, l’attivista egiziano, intervistato dagli allievi del master in giornalismo di Bologna per il quotidiano online Incronaca. “Il giornalismo è in grado di cambiare gli eventi del mondo, bisogna essere giusti nel fare questo mestiere”. E al termine dell’intervista Zaki si è seduto proprio sulla panchina dedicata alla libertà di stampa, all’interno del complesso di Santa Cristina che ospita il master, inaugurata nel 2021 anche in suo nome, mentre era in carcere, e nella speranza che ci si potesse accomodare da uomo libero.

Qual è la sua opinione sul racconto della stampa sul conflitto tra Israele e Palestina? “Credo si stiano usando due pesi e due misure nel raccontare questa storia. La stampa ha il potere di cambiare le cose e di accelerare le decisioni politiche. Parliamo di più di quello che sta accadendo sulla striscia, di tutti quei palestinesi che stanno sopravvivendo senza cibo né acqua e senza sapere se i loro cari siano vivi o meno. Magari non si otterrà la pace ma una tregua di qualche giorno per assicurare ai civili almeno i beni di prima necessità. In passato, il giornalismo ha avuto un ruolo fondamentale nel determinare la fine di alcune guerre. Perché non farlo anche ora?”.

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