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E SE L’UNGHERIA NON RISCHIASSE IL COLPO DI STATO?

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La diffusione capillare della pandemia di COVID-19 in Europa vede adottare, da parte dei governi nazionali di ogni singolo Paese dell’UE, misure di sicurezza straordinarie al fine di contenere il rischio di contagio. Se alla maggior parte degli osservatori nazionali ed internazionali questi decreti legislativi risultano essere coerenti e giustificati dalla situazione attuale, altri si ostinano a criticare certi provvedimenti, riducendoli a leggi liberticide o, addirittura, elevandoli a vere e proprie svolte autoritarie. Alcune importanti testate giornalistiche italiane ma anche autori “freelancer” sparsi nel web, hanno mosso contro il governo conservatore di Viktor Orbán in Ungheria, delle feroci critiche che sono emblematiche per comprendere come un certo tipo di ideologia sia totalmente disconnesso dalla realtà dei fatti.

Basterebbe un’analisi sommaria dei testi in questione per rendersi conto di come il tono utilizzato sia volutamente dispregiativo nei confronti del Premier magiaro, il quale, dopo essere stato definito “sovranista” con chiara accezione negativa, viene anche indicato come colui che traghetterà l’Ungheria verso una dittatura compiuta, ben oltre la situazione attuale di “democrazia illiberale” già vissuta dalla piccola repubblica centroeuropea.
Ricordiamoci però che Orbán ha vinto le elezioni dello scorso anno con un clamoroso 52% contro il misero 16% del principale rivale politico, il CDS. A corollario di queste affermazioni non verificate e di cattivo gusto, un lettore attento non può non notare come vengano specificatamente utilizzati termini apocalittici, solo per indurre la platea a criticare inconsapevolemente l’operato del governo ungherese: non é un caso che per questi giornalisti le azioni di Conte in Italia abbiano indotto il “lockdown” del Paese, mentre Orbán avrebbe imposto un duro coprifuoco a tutta la Nazione (cosa tra l’altro non vera, visto che il decreto-legge varato il 27 marzo in Ungheria prevede misure meno stringenti di quelle italiane). Una voluta e marcata differenza comunicativa, atta solo a screditare in maniera piuttosto evidente una politica poco gradita.

Tutto è partito dalla decisione del governo ungherese di presentare il giorno 24 marzo 2020 al Parlamento un disegno di legge relativo al prolungamento dello stato di emergenza fino a tempo indefinito, misura resasi necessaria vista l’imprevedibilità dell’evoluzione della pandemia in atto e la relativa scadenza, prevista per il 26 dello stesso mese dal decreto attuativo che aveva posto in essere i pieni poteri del governo. Ma a differenza di quello che raccontano i giornalai nostrani, il ricorso a tale stato di emergenza è innanzitutto garantito dalla legge fondamentale ungherese all’articolo 53 paragrafo primo, e l’eventuale cessazione delle misure straordinarie può essere decisa dall’assemblea al termine dell’emergenza, in questo caso sanitaria. Le opposizioni in Ungheria hanno deliberatamente criticato il disegno di legge per la decisione di non aver puntualizzato una data di scadenza effettiva, che a loro avviso sarebbe stata da indicare nel limite massimo di 90 giorni dall’emanazione della legge; di fatto il quorum dell’80% dei voti favorevoli non è stato raggiunto e l’appuntamento è stato rimandato alla settimana seguente, quando basteranno i 2/3 del parlamento per approvare il disegno di legge dell’esecutivo. Le forze politiche d’opposizione, consapevoli che il Parlamento avrebbe trovato la maggioranza necessaria, hanno deciso di spettacolarizzare gli avvenimenti in Ungheria e hanno richiamato l’attenzione su una vicenda che altrimenti sarebbe passata in secondo piano, come del resto lo sono stati: la dichiarazione dello stato d’emergenza in Italia fino al 31 luglio, oppure la “responsabilizzazione” delle istituzioni spagnole con la chiusura del Parlamento a Madrid, voluta dal socialista Sanchez.

Siccome il governo di Orbán non gode certamente dell’appoggio della stampa liberale e dei mainstream in salsa europea, taluni si sono spinti ad affermare: “L’esito può essere spaventoso: l’Ue rischia di ritrovarsi fra i suoi membri una dittatura. A Budapest la democrazia si spegne nel silenzio”.
Il tutto per sottoscrivere la tesi, alquanto fantasiosa, che il Coronavirus in Europa può portare a un’involuzione autoritaria della democrazia.

Un altro punto sul quale si è dibattuto veementemente è quello relativo alle dichiarazioni del Premier che vorrebbe introdurre anche pene detentive fino a 8 anni per chi ostacola gli sforzi a contenere la diffusione del virus e fino a 5 anni per chi diffonde notizie false. Ma allo stato attuale si tratta per l’appunto solo di dichiarazioni e non di testi di legge scritti nero su bianco, quindi la domanda che sorge spontanea è: chi davvero sta diffondendo notizie false? Chi sta alimentando questo circolo vizioso dell’infodemia?

Va posta poi l’attenzione sulla moratoria introdotta dal governo ungherese sul pagamento dei mutui, valida anche per le persone fisiche fino alla fine dell’emergenza; ma non solo, perché alcune testimonianze da Budapest ci fanno sapere che la protezione civile ha consegnato le mascherine alla popolazione con un puntuale servizio di porta a porta: peccato che di queste misure volte ad aiutare i cittadini non ve ne sia traccia sui giornali. I 365 casi di Coronavirus registrati sul territorio ungherese fanno pensare che la situazione sia sotto controllo, ma l’esperienza nostrana insegna che non bisogna mai abbassare la guardia.

Le recenti elezioni amministrative di Budapest hanno tra l’altro portato alla vittoria il socialista Karacsony… quindi, parlare di dittatura in Ungheria durante la più grande pandemia del XXI secolo mentre tutti i governi democratici cercano di arginare il contagio tramite provvedimenti “autoritari”, risulta francamente ridicolo e fazioso.

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