Costume e societàPrimo Piano

È un’Italia da rifondare

Condividi

Il mese di Agosto, da sempre il periodo di “riposo” per eccellenza degli italiani, dove tutto rallenta e quando possibile si ferma prima della ripartenza verso gli ultimi mesi dell’anno, sembra segnare un nuovo passo, un momento cruciale per il nostro paese. Non è la prima volta che ci troviamo davanti ad un bivio, ma questa volta bisognerebbe prestare una maggiore attenzione a quanto accade intorno a noi, soprattutto a chi siamo diventati. Questo 2020 è iniziato portandosi dietro molte incertezze, tra politica internazionale e salute legata al covid 19, le premesse non erano delle migliori, trasformatesi inevitabilmente in uno dei momenti più brutti mai visti dal dopo guerra.

La pandemia mondiale, il lockdown, i milioni di morti e la paura di non farcela hanno colpito l’opinione pubblica demolendo le poche certezze, smascherando le tante ipocrisie soprattutto legate ad alcune linee politiche poco lungimiranti, in molti casi. Ebbene, questo mese d’Agosto, si è palesato ancora una volta come un periodo cruciale, mostrando un paese, il nostro, spaccato in più parti. È ormai chiaro che questa è un’Italia da rifondare. Siamo passati dalle paure dei mesi di Marzo e Aprile al menefreghismo di Luglio e Agosto, dal guardarci negli occhi e scorgere “untori” manzoniani mentre, nascosti dalle mascherine, ci recavamo al supermercato, al combattere la diffusione del virus con la stessa mascherina usata come gomitiera sul braccio. Gli italiani mesi fa cantavano dai balconi “andrà tutto bene”, oggi urlano accuse tra loro per una distanza non rispettata (da entrambi) o per una libertà negata.

Siamo giunti al punto zero culturale, perchè nel momento in cui la politica decide di chiudere le discoteche in quanto luoghi di assembramenti, con persone quasi sempre senza mascherina, veicoli di trasmissione (chi l’avrebbe mai detto!) del virus che tanti morti ha causato, ci poniamo la domanda catartica: ma non potevamo pensarci prima? Già, noi italiani abbiamo l’intelligenza di capire sempre quale sia la strategia migliore da attuare, per poi affidarsi alle decisioni in stile vecchio testamento (Gesù o Barabba?) cavalcando l’enfasi del momento e ascoltando lo stomaco invece della testa. Siamo un paese da rifondare, perchè quando dopo 15 giorni di ricerche un gruppo di settanta! uomini esperti non riesce a trovare il corpo di un bambino, ci si affida ad un carabiniere in congedo che in poco più di cinque ore ritrova quanto resta del povero Gioele a circa 700 metri di distanza dal luogo in cui si trovava il cadavere della madre, lasciando parecchi dubbi sul metodo altamente scientifico delle ricerche. L’Italia, come ricordava anni fa il grande maestro Riccardo Muti, è un paese che affonda le proprie radici sulla cultura, non sulle ceneri delle istituzioni che non riescono più a prendere le decisioni giuste quando serve. In tutto questo mare magnum di approssimazione, scelte fondate più sull’arte aruspicina invece che su dati scientifici, l’unica questione che lascia l’intero stivale col fiato sospeso è la scuola.

Mentre non v’era uno straccio di dubbio sulla scelta di aprire luoghi deputati all’assembramento di massa come discoteche, spiagge, navi passeggeri con persone ammassate nei corridoi in attesa di scendere, ora ci si chiede se sia opportuno riaprire le scuole, luoghi deputati alla formazione umana e culturale di un paese diventato ormai un girone dantesco. La scuola forgia la capacità critica delle persone, è luogo di confronto dove il dialogo inizia dagli esempi più illustri del nostro passato. Invece siamo tornati al solito contrasto tra Guelfi e Ghibellini, tra neutrali ed interventisti, DC contro PCI, Don Camillo e Peppone, senza però trovare alla fine un punto d’incontro che possa costruire ponti, invece di muri. Per non parlare della questione immigrazione si, immigrazione no, che al momento stimola più rabbia, rancore e paure che ragionamenti, puntualizzazioni serie o ricerca della verità; questa, forse, non serve più a nessuno, servono solo leve da utilizzare in favore di qualcuno e contro qualcun altro.

Siamo un paese da rifondare perchè restiamo ancorati non ai nostri principi, ma alle nostre paure, che ormai non ci permettono di uscire dalla dicotomia perenne che pervade ogni ambito sociale. Mentre prima questi sterili contrasti restavano entro le mura domestiche, nei bar o nelle piazze, oggi i social network hanno amplificato le voci dando l’illusione a molti di essere nel giusto pur non avendo cognizione di niente. Da paese di Santi, poeti e navigatori, siamo diventati un paese di soli navigatori, ma dell’etere, senza aver la capacità di scindere il bene dal male, arrogandoci il diritto di essere gli unici ad avere la verità assoluta. Invece, abbiamo perso il lume della ragione, e con esso anche tutte le grandi capacità che hanno contraddistinto questo paese in ogni epoca. È arrivato il momento di fermarci e ricostruire un paese, partendo dall’istruzione, dalle persone, dal senso critico e dal silenzio: perchè anche il suono più bello nasce proprio dal silenzio.

Comment here