Cultura

I racconti di Beppe Costa: Incontro fra un artista e un bipede

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(non confesserò neanche in punto di morte chi sia l’artista e chi il bipede)

Sembrava tutto nella norma, il sole c’era come sempre aveva, dalle nostre parti, mandato a letto la luna e la giornata era quasi tiepida, quindi Arturo, uno scrittore attempato e ancora ingenuo era stato invitato a pranzo da amici che (sembrava) conoscesse bene. Di quelli che vivono sereni malgrado la vita non conceda loro troppo se non l’accettare quella serenità con un sorriso quasi gioioso. E, si sa, anche la gioia ha prezzi alti. Quindi, l’Arturo aspettava all’incirca alle nove un tale Armando, scrittore laureato con precedenti cinesi, che lo prelevasse in auto e lo portasse dall’amico comune. Aspettava ansioso il nostro eroe, visto che da tempo non aveva troppa voglia di cucinare e gli inviti, abitando in un Roma serena e periferica, sconosciuta anche ai romani, erano scarsi, anzi, inesistenti.

D’un tratto arrivò, non alle nove previste, una chiamata dell’Armando:
“Ma qui c’ è solo un camper! tono preoccupato, pensando che l’Arturo vi dormisse su. Molto strano pensò ma rispose: “scusa dove sei? in che via”
“Via Mattico!”  rispose il bipede quasi adirato.

“Perché sei lì, come mai? hai visto che c’è una biblioteca, per caso?

“No!” convinto.

Come no! guarda bene, gira il collo”

“Ohhhhhhhhhhhhh, sìsì! e allora?!”

“Ma io non vivo in una biblioteca, sarebbe certo meglio”

Il cinese detto Armando stupì che da quelle parti sperdute ci fosse una biblioteca nota anche in Cina! fece dietrofront e finalmente, su di giri, arrivò da me, erano già le 10, ora italiana, per capirci.

“Sali dietro” ordinò l’Arturo con fare deciso.

Minchia” esclamò il derelitto messo dietro in una macchinina stretta,  dentro di sé “che riminchia ci faccio qui! cercando di calmarsi chiese: “Ti fermi al bar, per favore!, vorrei anche dell’acqua”

“No, dopo, prima ti leggo una mia poesia!”

“Perché?” non amo ascoltare le poesie così, meglio leggerle a casa con serenità e un caffè!”

Macché! il poeta espulso dalla Cina, se la lesse da solo, imperterrito guardando la strada che evidentemente non conosceva e neanche la strada sembrava avesse voglia di conoscerlo: “Posso fumare?” timido da voce flebile chiese il nostro schiacciato dietro.

“No! la macchina non è mia”

“Allora fermati!” sembrò ordinare, poco convinto Arturo, questo non è un racconto e quindi vi lascio immaginare che sbagliando 10 volte strada, scoperse nel frattempo, primo, che non era mai stato dove dovevano andare, quasi un bosco, bello, silenzioso, secondo, che non si conoscevano neppure ma che per telefono si erano scambiate opinioni sulle reciproche rime e, avevano stabilito che Arturo aiutava i giovani scrittori.

Ah, pensò l’assetato, ‘ecco chi è questo che da mesi mi tormenta scrivendomi messaggi, non sa neanche chi sono. né cosa faccio di mestiere. Cioè lancio i giovani anche se questo oltre che maleducato gli sembrava almeno un cinquantenne. Enne! Enne!’

Vi lascio immaginare cosa e come l’Arturo arrivò a quel pranzo, appena arrivato chiese un caffè ma, per errore o per necessità ne volle subito un altro, pensate voi che la passò liscia? Macché, ci furono storie sul caffè che fa male e poi il pranzo era pronto, come si possono prendere due caffè manco arrivi in una casa? predicozzo proprio a lui che aveva sopportato un autista cinese che lo aveva scaraventato dietro per tre ore.

Il racconto prenderebbe una piega volgare che risparmio al lettore. Ho incontrato qualche settimana fa Arturo che, dopo questo incontro, per mesi si è chiuso in casa e a breve andrà in convento o, almeno, pare che vada a vivere dalle suore per qualche tempo.

Però è emblematico ciò che accadde dopo questo ‘pranzo indigesto’, col cinese imbecille, ma con laurea.

Sulla via del ritorno, senza rivolgersi quasi la parola (Arturo aveva scoperto che fra l’ospite e l’idiota non c’era mai stato neanche un incontro, solo un complimento da parte di uno all’altro sulla qualità delle reciproche opere) non è dato sapere chi a chi. Ci sarà un’indagine prima o poi.

Dicevamo che di passaggio rientrando verso quella via Mattico, dove dal nulla era spuntata una biblioteca (in genere spariscono) il nostro eroe (ci vuol proprio coraggio a rientrare con uno che non sa chi sei e ti vuole leggere le proprie poesie anche se sei in coma  (e Arturo lo era), bisognava passare da una amica per prelevare dei formaggi, visto che l’amica se ne intendeva la nostra vittima l’aveva pregata di acquistarne una scorta per lui. Si fermò l’Armando, Arturo non fece in tempo a scendere  che, dal finestrino sentì la voce imperiosa che diceva:

“Io vado, neh, la macchina non è mia! devo restituirla” e andò, per fortuna via e per sempre dalla vita di Arturo che, si sentì perduto. Chiese alla signora se conosceva alberghi o B&B. La risposta fu decisa e netta:

“No, col covid non c’è neanche un posto”.

“E dove dormo ora dopo che quel cr…!”.

“Per una notte, pazienza” dormirai qui, disse graziosamente la signora, chiamando in aiuto il fidanzato.

Il nostro Arturo andò a letto, ma non chiuse occhio, ci riuscì il pomeriggio successivo quando, delle voci lo svegliarono per accompagnarlo a casa. E tutti tirarono un sospiro di gioia.

Come scriveva Capuana, rimaneggiandola, farebbe così

“e tutti vissero felici e contenti,

ma la fama si conquista coi denti

Dopo qualche tempo Arturo dovendo tornare in zona, preferì spendere 120 euro di taxi e non partecipare più a pranzi né accettare ‘caramelle’ da sconosciuti, specie se poeti e cacciati dalla Cina che, per questo, va amata  ancor di più. Certo se lo trattenevano come fanno gli egiziani, sarebbe stato un peccato perdere un ‘poeta’ di siffatta natura.

 

di Beppe Costa 

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