Primo Piano

Sahel: che cosa si sa dell’uccisione di Saharawi, capo ISIS in Sahara e guerrigliero del Polisario?

Condividi

Adnan Abou Walid Saharawi è stato ucciso da un attacco francese di Barkhane, alcune settimane fa, secondo il presidente francese. L’annuncio è stato pubblicato sul profilo Twitter di Emmanuel Macron poco prima dell’una di notte di oggi, giovedì 16 settembre 2021. Adnan Abou Walid Sahrawi e il Gruppo Stato Islamico nel Grande Sahara (EIGS) erano stati designati come nemico numero uno al vertice del G5 Sahel di Pau nel gennaio 2020.

Dal luglio scorso, la morsa si stava stringendo attorno al capo d’EIGS nonché capo del movimento jihadista Al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI). In quel periodo erano già stati uccisi altri due dirigenti del movimento e sequestrati documenti importanti. E’ quasi nella stessa zona in cui Adnan Abou Walid Saharawi è stato a sua volta abbattuto ad agosto. Pare che abbia lasciato la città maliana di Menaka per dirigersi verso il confine con la Nigeria.

Secondo il ministero della Difesa francese, è stato un raid aereo drone a neutralizzarlo il 22 agosto. “Informazioni indicavano la presenza di un alto dirigente, ma non eravamo sicuri che fosse Abu Walid. Da qui il tempo tra la morte del terrorista e l’annuncio ufficiale, ci sono volute settimane per confermare la sua identità. L’operazione condotta dai militari francesi ha inoltre permesso di neutralizzare numerosi altri combattenti dell’organizzazione Stato islamico.

Quale impatto sull’EIGS?

La sua morte è un duro colpo per le sue truppe che operano nella zona detta delle “tre frontiere” – Mali, Burkina Faso e Niger. Un duro colpo che però non significa la fine delle operazioni jihadiste. I combattenti dello Stato islamico sono sempre più formati ad agire in piccoli gruppi autonomi. Un centinaio di membri del gruppo Polisario ben addestrati ed armati dall’esercito algerino e Hezbollah libanese si sono già uniti ai gruppi terroristici nel Sahel e Sahara.

Chi era Adnan Abu Walid Saharawi?

Adnan Abou Walid Saharawi è nato negli anni Settanta e si ritrova negli anni Novanta in Algeria come studente e militante del movimento separatista, il Polisario, armato dall’Algeria nei campi di Tindouf dello stesso paese.

Non nascondeva la sua ambizione di estendere il suo movimento in tutta l’Africa occidentale.

Si è poi rapidamente imposto come capo dell’organizzazione dello Stato islamico nel Grande Sahara nella zona delle “tre frontiere”.

La sua strategia: la violenza, le atrocità e l’impianto di cellule jihadiste soprattutto in Niger e Burkina Faso per non dipendere solo dalle sue basi maliane.

La bestia nera degli occidentali

L’uomo di medie dimensioni, con una voce piuttosto fluida, è noto per dirigere le sue truppe durante gli attacchi. Lo ha fatto, ad esempio, nel 2017, due anni dopo aver creato lo Stato islamico, guidando l’agguato di Tongo Tongo in Niger contro le truppe americane e nigerine. Il 9 agosto 2020, ancora in Niger, aveva personalmente ordinato l’assassinio di sei operatori umanitari francesi e delle loro guide e autisti nigerini.

Nel curriculum di Abu Walid, si nota  anche il rapimento di diversi ostaggi, tra cui alcune italiane come la turista Sandra Mariani rapita in Algeria e la cooperante umanitria Rossella Urru nei campi di Tindouf.

Certamente, “si tratta di un nuovo maggiore successo nella nostra lotta contro i gruppi terroristici nel Sahel”, ha twittato il capo dello Stato francese e “la nostra lotta continua”, come ha twittato il ministro dell’Esercito Florence Parly. Ma rimane la domanda: Abdel Hakim Saharawi – anche lui guerrigliero del Polisario – numero due dello Stato Islamico nel Grande Sahara è morto o ancora vivo?

di Belkassem Yassine

Comment here