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Sant’Antioco: La Vita e le Opere di Italo Diana

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Italo Diana nacque nel 1890 a Sant’Antioco. La sua notorietà è legata al lavoro di tessitura del bisso che lo appassionò fin da giovanissimo, rendendolo celebre e conosciuto oltre i confini nazionali. Fu registrato all’anagrafe con tre nomi di battesimo, Italo Mario Maurizio, scelti dai genitori Efisio Diana e Marietta Passarella.

Suo padre era un commerciante facoltoso e conosciuto a Sant’Antioco per la vendita di orologi e oreficeria. La madre di Italo, anche lei figlia di un commerciante, Floriano Passarella, era di origine veneta, originaria di Papozze, in provincia di Rovigo. I genitori di Italo si conobbero a Sant’Antioco e in seguito al loro matrimonio ebbero quattro figli, due femmine e due maschi. La secondogenita e il terzo figlio morirono precocemente. Italo fu l’ultimo nato e la madre Marietta lo allevò con devozione. Alla morte della  donna, il piccolo, che aveva solo 8 anni, fu cresciuto ed educato da zie, sorelle e domestiche di casa con cui trascorreva molto tempo. Osservandole nei lavori quotidiani di filatura e tessitura al telaio riuscì rapidamente a far proprie le tecniche che presto gli conferirono un certo prestigio in quel campo.  In età adolescenziale si costruì un piccolo telaio con cui realizzò per sé una bisaccia.

Interessato agli studi, approfondì il tema delle tradizioni culturali e popolari sarde. Lui stesso entrò a far parte di alcuni gruppi folcloristici di Sant’Antioco e ne istituì uno di cui fu coordinatore. Dagli anziani maestri di Sant’Antioco imparò inoltre a suonare le launeddas.

Attirato dalle qualità del bisso, si impegnò in un progetto di rinascita di questa pregiata seta marina. Raccoglieva i ciuffetti abbandonati lungo le spiagge dopo l’estrazione delle nacchere. Oppure contattava i pescatori o li pagava a giornata per ottenere la pinna nobilis da cui estraeva i bioccoli di bisso necessari per riprodurre i fusi da tessere.

All’età di 26 anni, nel 1916, fu chiamato alle armi per essere assegnato al deposito dell’81° Rgt. di Fanteria a Torino. Di lì seguirono diverse assegnazioni provvisorie presso la fabbrica di armi di Terni, la fanteria di Modena e l’artiglieria di Savona finché, nel 1919, non rientrò a la Maddalena, nel deposito di Artiglieria da Fortezza e il 5 Agosto dello stesso anno fu inviato in licenza illimitata.  Dopo 10 giorni, il 15 agosto  1919, fu congedato.

Nel frattempo il programma di investimento sul bissò andò avanti con esperimenti tessili che valsero a Italo Diana l’interesse dell’ingegner Tommasini delle ferrovie, pronto a offrire la sua collaborazione per finanziare il progetto di rinascita della tessitura del bisso.

Di lì a poco, nel 1923,  il maestro antiochense fondò la nota scuola di tessitura sita in via Magenta a Sant’Antioco. La struttura era aperta a tutti, nonostante in quel periodo si ritenesse la tessitura un’occupazione prettamente femminile. Era possibile apprendere le tecniche di lavorazione del bisso marino e degli altri materiali come lino, cotone e orbace. Dopo la formazione, ogni allieva poteva proseguire a lavorare nel laboratorio annesso alla scuola, con retribuzione per i manufatti realizzati. Anche la sorella del maestro, Emma Diana, collaborava, aiutando a garantire ordine ed efficienza nella scuola.

I primi lavori  creati al telaio rappresentavano disegni della tradizione sarda,  successivamente arricchiti da nuove ed originali composizioni. Alcuni manufatti erano realizzati su fondo di seta con ricami in bisso, sovente comparivano motivi bizantini, secondo il gusto e la tradizione artistica dominante nell’Isola. Il bisso veniva anche valorizzato nella realizzazione di arazzi e tappetti.

Il 22 Dicembre 1928 il maestro antiochense convolò a nozze con Loddo Giulia Ida Maria. I due si sposarono a Cagliari, nella Basilica di Bonaria.

Donna elegante  e di buona famiglia, Giulia Loddo, classe 1899, fu un’apprezzata insegnante elementare a Sant’Antioco dove esercitò per circa 30 anni. Possedeva inoltre, insieme al marito Italo, una nota cartolibreria e merceria in via Regina Margherita, conosciuta nel paese come la “cartolibreria della signora Diana”.  Era figlia del notaio Loddo Angelo, nativo di Cagliari e Varsi Erminia, entrambi residenti a Sant’Antioco.

Dal matrimonio con Italo Diana nacquero tre figli, Mariangela, Luca ( noto Lino) ed Emma.

In pieno periodo fascista la scuola di via Magenta arrivò a raggiungere una certa fama. Le opere del maestro Diana, apprezzate a Cagliari e Sassari, varcarono i confini regionali per essere esposte nelle prestigiose mostre di Venezia, Salsomaggiore e Sorrento. E’ del 1929 la vincita della medaglia d’oro, in occasione dell’esposizione dei propri lavori a Salsomaggiore, che gli valse il riconoscimento del suo operato come il migliore in assoluto e due articoli, rispettivamente su L’Unione Sarda e il Corriere Emiliano.

L’articolo su l’Unione sarda, datato 28 Agosto 1929 definiva “incoraggiante e audace il tentativo di questo oscuro artigiano di Sant’Antioco che, superando enormi sacrifici e con tenacia e pazienza veramente ammirevoli, promette di far risorgere a nuova vita l’industria del bisso , prodotto – si affermava nell’articolo – che potrà essere in un prossimo avvenire fonte inesauribile di ricchezza”.

Nel Corriere Emiliano  si scriveva che “l’artiere Italo Diana di S. Antioco pesca e fa pescare la pinna da cui si ricava il bisso per realizzare, dopo il trattamento dei ciuffi, fusi quasi identici a quelli rinvenuti nelle tombe Egizie. L’ordito è lavorato al semplice telaio isolano ed essenzialmente sardo è il carattere dei lavori prodotti”.

In occasione della VI° Mostra dell’artigianato di Sassari fu contattato con un telegramma espresso, datato 16 Agosto 1939, dall’Ente Nazionale per l’Artigianato e le piccole Industrie, delegazione interprovinciale di Cagliari. Gli si chiedeva di partecipare nel reparto relativo alle fibre tessili con l’esposizione di alcuni manufatti, lo scialle in bisso e il costumino per bimbo pure in bisso. Per arricchire la presentazione dei suoi lavori gli fu inoltre proposto di aggiungere qualche fiocco di bisso, il guscio, il filato e gli arnesi necessari per la filatura. Tutto il materiale doveva pervenire entro il 22 agosto 1939 a Sassari, presso la segreteria dell’Artigianato in piazza Italia.

In calce al documento inviato al Diana si faceva inoltre riferimento a precedenti telegrammi  e  alla eventuale visita di un delegato per discutere personalmente con il maestro dell’istituzione di una Scuola di Tessitura. Il 19 Agosto Italo Diana redò una lista degli oggetti che furono spediti alla VI° Mostra Dell’Artigianato di Sassari: il pregiato scialle in bisso, un bavero in bisso, il costumino per bimbo pure in bisso, con annotazione del prezzo di vendita, £ 150 e una cartella contenente una pinna nobilis con ciuffo di bisso greggio, un mazzo di ciuffi di bisso lavato e cardato, una rocca e un fuso con iniziata la filatura, infine un campione di tessuto di bisso, lavorato come l’orbace e usato dalle antiche spose del Sulcis per farsi il grembiule del costume di gala.

La lavorazione del bisso andò avanti fino a che, per disposizione di legge,  i telai a Sant’Antioco furono requisiti per essere utilizzati nella tessitura dell’orbace, il tessuto delle divise fasciste. A quegli anni risale un prezioso arazzo in bisso, decorato da un fascio littorio e la scritta “W il Duce” che il maestro fece realizzare come dono da destinare a Mussolini in occasione della inaugurazione della città mineraria di Carbonia. In realtà il manufatto non arrivò mai nelle mani del Duce, forse per un mancato accordo nella consegna. Dopo qualche tempo Italo valutò di coprire la scritta centrale “W il Duce” con alcuni motivi decorativi, conservando tuttavia le iniziali del suo nome e dell’allieva Assunta Cabras che aveva collaborato con lui alla realizzazione del lavoro.

Mentre l’attività di tessitura procedeva alacremente, Italo Diana fu oggetto di una visita inaspettata da parte di un caparbio maresciallo dei Carabinieri della stazione di Santadi. Mai si sarebbe aspettato che si indagasse sulle sue parentele dovute al cognome che portava: Diana, come il terribile bandito. Appurato che non vi era alcun legame con quest’ultimo, il maresciallo Gavino Mannu mantenne con Italo rapporti di amicizia fino a scambiarsi, come era in uso, le foto personali.

A partire dalla seconda guerra mondiale la scuola di via Magenta chiuse definitivamente mentre Italo Diana fu richiamato ancora una volta alle armi e assegnato alla postazione di Mont’e Cresia (la porzione superiore e più antica della cittadina di Sant’Antioco).

Nel dopoguerra, nel 1947, Filippo Figari, Direttore dell’Istituto d’Arte di Sassari, rinomata scuola artistica della Sardegna, per lungo tempo punto di raccolta di talenti da tutta l’isola, lo volle tra i maestri della Scuola per la sezione “Arti Tessili”. Italo recuperò gli antichi disegni della tradizione artistica tessile sarda, riportandoli con esattezza in carta millimetrata e predispose i programmi per i corsi quinquennali. Alla fine dei cinque anni i suoi allievi erano in grado di montare il telaio, filare, tessere e tingere i tessuti con pigmenti naturali, fino alla realizzazione completa di manufatti tessili artistici.

Prestò servizio all’Istituto Statale d’Arte di Sassari fino alla pensione, nei primi anni ’60.

Ormai aveva già trasmesso da tempo tutto il suo sapere alle artigiane di Sant’Antioco perché la tradizione della tessitura dei vari materiali proseguisse dopo di lui. A tale scopo agevolò, proprio intorno agli anni ’50, Jolanda Sitzia ( classe 1908) e altre allieve antiochensi nell’istituzione di un piccolo laboratorio di tessitura che andò avanti per un certo tempo.

Era un uomo riservato e proiettato verso il bene del proprio paese, tanto da concedere alcuni spazi della propria abitazione a favore dei corsi di avviamento professionale che furono introdotti a Sant’Antioco a partire dal 1936. Quell’anno il comune chiese in affitto un locale della casa di Italo Diana al piano terra, per adibirlo ad aula scolastica e proprio lì fu avviato il Regio Corso biennale, trasformato subito in Regia Scuola Triennale di Avviamento Professionale. Dopo il 1938 la scuola fu trasferita nel nuovo locale sito nella via del Forte, di proprietà del Comune stesso.

Tra le allieve della scuola di Italo Diana si ricordano Assunta Cabras, Emanuela Vacca, Leonilde Mereu, Raffaela Schirru e Raffaela Lusci. L’ultima a frequentare la scuola di via Magenta, imparando direttamente dal maestro Diana le tecniche per la tessitura del bisso fu Efisia Murroni, nata a Sant’Antioco nel 1913. La donna iniziò il suo apprendistato all’età di 15 anni. Intorno agli anni ’40 riuscì ad avere un telaio personale, intraprendendo l’attività di tessitura di tutti i materiali, compreso il bisso, fino agli anni ’50.

Nelle fotografie che lo riguardano, il maestro antiochense appare spesso vestito in abito tradizionale insieme al suo gruppo folcloristico o alle allieve della scuola di via Magenta.

Due immagini, una che lo ritrae mentre suona le launeddas e l’altra in posa con una giovane donna coperta con la mantilla, furono scattate dall’amico Vittorio Alinari, ospite in casa Diana in occasione del suo secondo viaggio in Sardegna, avvenuto nel 1914. Alinari voleva creare una serie di immagini con l’obiettivo di farne delle cartoline postali del luogo. Il suonatore di launeddas, che ritrae Italo Diana, fece parte non solo di una serie di cartoline ma fu anche un’illustrazione in un libro di testo per le scuole di istruzione secondaria di primo grado.

Nello scatto fotografico a Tratalias, Italo Diana compare con indosso su serenicu, insieme alla moglie e ai tre figli.

Nel 1928, in occasione del raduno dei gruppi in abito tradizionale che presenziarono a Venezia, il maestro antiochense si fece fotografare insieme al suo gruppo folcloristico in via Magenta. Non mancarono inoltre le foto di gruppo in occasione delle trasferte a Firenze e Roma.

Il maestro Italo Diana morì il 29 Luglio del 1967 a Cagliari, all’età di 77 anni. Il suo corpo riposa nel cimitero di Sant’Antioco.

Il 31 Marzo 2015, il Consiglio comunale di Sant’Antioco ha  deliberato per onorare il maestro con la piazza che ha preso il suo nome “Piazzetta Italo Diana” e una placca commemorativa che lo ricorda come Maestro di arti Tessili.

Il 3 Maggio 2019 è stata inoltre inaugurata la mostra dal titolo “Italo Diana, Ordito e trama di un’arte antica” nella sede del Museo Archeologico Barreca di Sant’Antioco. L’esposizione, resa possibile grazie alla collaborazione dei nipoti di Italo Diana che hanno mostrato al pubblico i loro tesori tessili privati, manufatti, documenti e immagini, è proseguita fino al 31 maggio dello stesso anno.

Di Vanessa Garau

 

 

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